In un festival caratterizzato da parole come cambiamento e rivoluzione, legate, nel mondo dell’informazione, all’evolversi dei mezzi che la trasmettono, si cerca qui – con la mediazione di Alessio Jacona, di Nòva 24 - di scoprire se il modo di raccontare possa influenzare direttamente i canali della politica.
Sam Graham-Felsen ha diretto nel 2008 il blog di sostegno alla candidatura di Obama. Nei lunghi mesi della campagna elettorale ha lavorato per raccontare non tanto la storia di un candidato, ma quella di un movimento che stava crescendo grazie a chi sceglieva di sostenerlo. Il suo team costruiva documentari sulla vita di persone coinvolte per la prima volta nella politica, raccoglieva un insieme di volti e idee, senza concentrarsi in una narrazione unica e centralizzata. Il blog faticava ad attirare un ampio pubblico, ma le storie inserite ne chiamavano altre, a testimoniare la volontà di partecipazione condivisa da tanti. Ai sostenitori si riservavano informazioni privilegiate: la decisione sulla vicepresidenza, ad esempio, è stata prima comunicata loro attraverso i cellulari, poi inserita nei mezzi tradizionali di informazione. A loro Obama si rivolgeva ogni due settimane attraverso un video, senza passare per la mediazione giornalistica. Si tentava di proporre contenuti autentici ed esclusivi che coinvolgessero direttamente i volontari, rendendoli parte di qualcosa di grande che si stava evolvendo, nonostante le numerose e continue critiche che questo sistema riceveva. Ma una rete di comunicazione strutturata sulla centralità delle persone ha sorretto abilmente anche i momenti di difficoltà: si è affrontata una sfida importante quando un gruppo di sostenitori – in disaccordo con il programma sul diritto alla privacy - ha chiesto indietro le proprie sottoscrizioni; si è deciso di concedere loro uno spazio all’interno del canale ufficiale di sostegno a Obama. Si è accantonata l’opzione di cancellare il dissenso creatosi fra gli iscritti, per motivi sia tecnici, sia etici. Lo stesso candidato, pur mantenendo la propria posizione, si è complimentato con l’intelligenza e l’intraprendenza di questo gruppo critico. Il dialogo ha costituito così la linea principale per avvicinarsi agli elettori.
L’esperienza del 2008 ha inaugurato una rinnovata partecipazione di massa alla politica (accentuata anche dalla lunghezza della campagna elettorale statunitense). Gli attivisti on line non si sono limitati infatti a consumare le notizie ricevute, ma sono divenuti loro stessi filtro e ideazione creativa, aiutando a produrre informazione: solo il 10% dei video di YouTube – fra quelli intitolati con i nomi dei candidati – era prodotta dai sistemi di propaganda ufficiale. Si è diffuso uno stile di informazione “volgare”, nata dal basso e poi sfruttata dai canali ufficiali, per quanto ciò rappresentasse un’incognita. Il controllo della comunicazione non era più solo in mano a professionisti. Ma l’ideale di un movimento dal basso verso l’alto, utilmente sfruttato nell’accalorare la campagna, in molti casi assume tratti leggendari poco coerenti con la realtà della situazione, secondo Micah Sifry, direttore di Personal Democracy Forum . La relazione fra gli addetti alla propaganda e i sostenitori era perlopiù unidirezionale, e ingannevole era la sensazione di partecipare attivamente. E questo può trovare una conferma nel blocco di quest’esperienza a elezione avvenuta: l’importanza della base popolare può apparire un meccanismo utilizzato al fine unico di sostenere il candidato e ottenere un potere cui gli elettori non possono prenderne parte. Sarà più difficile quindi, pensando alla prossima campagna presidenziale, continuare a servirsi di questo sistema: assisteremo probabilmente ad una campagna molto più tradizionale. Obama potrà però contare sul vantaggio dei micro-dati, ricavati anche attraverso il web (informazioni specifiche e personali ottenute ad esempio fra i sostenitori su Facebook), che consentiranno di raggiungere gli elettori rivolgendosi loro attraverso target molto selezionati. L’intera vicenda serve però a smentire la convinzione per cui internet permette a tutti di condividere il potere e può testimoniare una fiducia eccessiva della base nelle risorse offerte dal web.
Pur nella grande differenza qualitativa per l’utilizzo della rete, anche nelle elezioni italiane esiste una grande differenza tra il prima, quando si cerca di promettere facendo gioco sui sogni, e il dopo, quando i sogni dovrebbero diventare progetti. Stefano Epifani - dell’Università La Sapienza di Roma – presenta uno studio in base al quale il 60% dei profili Facebook (e quasi l’80% dei blog) dei candidati sindaci italiani è stato abbandonato il giorno immediatamente successivo alle elezioni. Se dall’ambito locale ci si sposta poi a quello nazionale, un’inchiesta condotta su un campione di duecento parlamentari dimostra l’idea, più o meno consapevole da parte dei politici, di poter ottenere più svantaggi che pregi con una visibilità on line: non serve il contatto diretto con il cittadino, perché non è lui, ma le liste elettorali, ad assegnare i posti di potere. Diventa così più profondo il disinteresse sostanziale del dialogo con gli elettori: il web non viene usato come strumento di interazione, ma come mezzo per lanciare un segnale univoco – e perciò più pericoloso –a chi già assicura il proprio consenso.
Dino Amenduni riflette sulla gravità dello sguardo con cui i politici si rivolgono alla rete, senza pensare di poter trarre vantaggio anche attraverso le critiche. Si cerca solo una consequenzialità immediata fra comunicazione on line e acquisizione di nuovi voti, senza sfruttare il valore complesso dello strumento digitale. Per Vendola, della cui comunicazione su internet Amenduni è il responsabile, il ricorso al web è stato in parte imposto dalla difficoltà nel trovare una coalizione che lo sostenesse: dove mancava una rete politica di supporto, il problema si è superato con il coinvolgimento delle competenze di singoli volontari, contattati via web. Si sono create regole molto semplici con cui chiunque potesse diffondere on line il materiale della campagna e, vinte le elezioni, non si è interrotta la comunicazione. Le condizioni di lavoro nel blog, però, sono ancora pressoché artigianali: ci si deve confrontare con numeri e risorse esigue. Vendola rimane uno dei politici europei con più contatti su Facebook, anche a testimonianza dell’urgente necessità della gente di aggirare con l’informazione un sistema politico sostanzialmente bloccato.
Grazie ad una full immertion nell’informazione televisiva – canale principale per il racconto della politica in Italia - Antonio Sofi ha potuto scoprire meccanismi insieme perfidi e fantasiosi. Uno degli stratagemmi più in voga per essere competitivi è il videomessaggio: permette di entrare “come una pallottola”, senza filtri o mediazioni, nel circuito comunicativo. Le telefonate del fine settimana poi, rivolte dal presidente del consiglio a convegni di piccoli partiti del suo schieramento e poi ritrasmesse dai telegiornali, coniugano più di un risultato: individuare un semplice pretesto per far sentire la propria voce, ritagliarsi uno spazio senza interferenze, consegnare una certa visibilità ai gruppi minori destinatari della telefonata. E troppo spesso il web, che potrebbe disinnescare il lato perverso della comunicazione televisiva, si appropria delle sue informazioni, per di più decontestualizzate, senza generare vere azioni politiche.
Letizia Giugliarelli