Si intitola “La fine del dibattito pubblico” ed è il nuovo libro di Mark Thompson, presidente e amministratore delegato della New York Times Company. Un saggio preciso e accurato sulla crisi di fiducia nei confronti della politica, e sulle sue derive sociali.
Nelle vesti di scrittore, Thompson è stato ospite oggi del Festival Internazionale del Giornalismo, in un incontro moderato dal direttore di Repubblica, Mario Calabresi. Il confronto è stato accolto da un ampio pubblico nella suggestiva cornice della Sala dei Notari.
Nato da un ciclo di lezioni tenute all’Università di Oxford su retorica antica e contemporanea, il testo intende raccontare l’evoluzione del linguaggio della politica, come riporta lo stesso Thompson: “Un processo iniziato già negli Anni ’80, all’epoca di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, ma che nei ’90 ha preso una piega più seria. Oggi il pubblico non si fida più dell’establishment politico, e la razionalità sta lasciando spazio alle pure emozioni”.
Un passaggio che secondo Thompson spiega l’affermazione dei populismi, in grado di colmare un vuoto. In questo quadro si inserisce anche la recente elezione di Donald Trump, fondata su una comunicazione costruita per slogan. “Il nuovo presidente degli Stati Uniti porta agli estremi il concetto di semplificazione - ha spiegato - facendo affermazioni dirette e immediate. Un esempio? ‘Bisogna costruire il muro’. Benché neghi la retorica, ne rappresenta solo una diversa tipologia”.
Per Thompson, Trump è riuscito a dire ciò che la gente voleva sentire, cosa che, a suo avviso, non è stata in grado di fare Hillary Clinton: “Se la Clinton si rivolgeva ai già convertiti, Trump si è mischiato alla gente comune, sfruttando a proprio favore incontri vivaci e apparentemente sfavorevoli. Ma era proprio in questi contesti che testava le sue battute, cercando di capire quali fossero le più efficaci. Una tecnica di marketing fondata sull'osservazione empirica, come teorizzato da Wheeler già nel 1937”.
La forza di Trump, l’aver compreso la rabbia, un sentimento che oramai pervadeva anche i ceti più abbienti, e aver tradotto questa consapevolezza in una comunicazione basata sull'empatia. Un fattore che ha pesato anche nel caso della Brexit. Ma quali sono gli antidoti a una radicalizzazione dell’emotività, e alla cancellazione di un dibattito pubblico basato su ragionamento e confronto? “Puntare sulla responsabilità dei cittadini, fornendogli gli strumenti per partecipare in modo consapevole”.
Annalisa Masi