LA NOSTALGIA DEL VENTENNIO TRA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE E DOVERE DI MEMORIA

La libertà di espressione è il fondamento portante della stampa libera, il perno senza il quale il giornalismo non avrebbe vita. Nell’incontro “La nostalgia del Ventennio tra libertà di espressione e dovere di memoria” si è parlato di cosa accade quando il diritto alla libertà di espressione si scontra con la manifestazione delle idee fasciste, che per vent’anni hanno negato questo diritto.
L’evento si è svolto durante la 12^ edizione del Festival del Giornalismo di Perugia, all’Hotel Brufani in Sala Priori. Lo speaker dell’incontro è stato Corrado Del Bò, docente dell’Università di Milano, ed è stato organizzato in collaborazione con il Centro di Ricerca Coordinato in Information Society Law.
Del Bò ha iniziato l’incontro motivando il suo interesse all’argomento, affermando “ultimamente mi sta interessando il tema di tutte quelle manifestazioni che sono note come nostalgie del ventennio. Sono manifestazioni del pensiero che si scontrano con quello che io chiamo dovere di memoria. Cercheremo insieme di capire se è possibile trovare un bilanciamento tra libertà d’espressione e questo dovere”.
Successivamente il professore ha fatto un breve excursus legislativo, illustrando quali sono le norme che trattano la libertà d’espressione e quali invece sono dedicate alla sanzione di tutti i comportamenti che esaltano fatti, metodi o idee fasciste: il cosiddetto reato di “apologia del fascismo”. Del Bò afferma che il nocciolo della questione si trova proprio in questi fondamenti costituzionali: “questo principio (l’art. 21, che sancisce la libertà d’espressione, ndr) trova un primo punto di tensione nella Costituzione, dove c’è scritto che è vietata la riorganizzazione in qualsiasi forma del disciolto partito fascista. Questo divieto può essere considerato un limite alla libertà di espressione?”
Per provare a rispondere a questa domanda, il professore ha portato esempi di diversi video che hanno avuto eco stampa notevole, appunto perchè rappresentano casi borderline: turisti che visitano a frotte i luoghi mussoliniani e vi acquistano macabri memorabilia. Calciatori che, dopo aver segnato al Marzabotto, mostrano una maglia con l’aquila fascista. E poi saluti romani assortiti, sedicenti studiosi che negano la Shoah, amministratori pubblici che intitolano parchi gioco a gerarchi fascisti.
La risposta, allora, qual è? Non c’è una risposta o una soluzione immediata, ma ci sono alcuni accorgimenti che devono essere presi. Il professore ne individua tre: “è necessario evitare di fingere che Mussolini e il Fascismo non ci siano mai stati: Mussolini fa parte della nostra storia. Bisogna generare un turismo sostenibile: non si deve assolutamente creare luoghi che possano diventare meta di turismo civilmente insostenibile o nostalgico. E soprattutto, bisogna cambiare la cornice entro la quale ci si relaziona col Fascismo”.

Giulia Baldino