La notizia ambientale nei media italiani: tipologie, specificità e trattamento

Perugia, 30 aprile 2014.

Nella Sala Perugino, alle 16.00, si è tenuto un workshop a cura della Federazione Italiana Media Ambientali (FIMA), una Onlus nata proprio nel corso della precedente edizione del Festival internazionale del giornalismo per raccogliere e coinvolgere nel settore ambientale giornalisti ed esperti di comunicazione.

Marco Fratoddi, direttore de La Nuova Ecologia, ha messo a fuoco le principali caratteristiche del giornalismo ambientale e le meccaniche che lo coinvolgono attraverso una semiotica della notizia ambientale. Nella notizia, che è un ritaglio di realtà esercitata in funzione arbitraria da un narratore, il giornalista interpella le persone che ha di fronte, avviando una dialettica tra autore e fruitore, enunciatore ed enunciatario. Avviene insomma un vero e proprio incontro tra “simulacri”, per usare un concetto tipicamente semiologico. All'interno di questa cornice concettuale, Fratoddi ha realizzato un panorama dell'inchiesta ambientale, a partire da Primavera silenziosa, l'epocale opera di Rachel Carson, che nel 1962 ha lanciato il genere del giornalismo e dell'attivismo ambientale, passando per gli italiani Antonio Cederna e Laura Conti. Si costituisce il Dna della notizia ambientale, un equilibrio tra bene ecologico e competenza scientifica.

In tempi brevi, anche a seguito di importanti scandali, come quello di Seveso, l'ambiente diventa un tema dirompente all'interno delle principali testate, italiane e non. Il tema  (“oggetto di valore”) sul quale verte l'attenzione, ovvero sul quale competono le parti in gioco, è l'equilibrio dell'ecosistema.

Contemporaneamente a ciò nascono in tutto il mondo movimenti come l'Earth Day e idee come quella di un limite alla crescita, di una sostenibilità, anche per merito del famoso studio I limiti della crescita e della conferenza dell'Onu del '72 a Stoccolma. Ma il vero spartiacque è il disastro di Cernobyl, che nel 1986 segna in maniera irreversibile la comune percezione dell'impatto umano sull'ambiente.

Si è cercato di tracciare una panoramica dei principali generi di divulgazione ambientale, prendendo il via da Plinio il Vecchio fino ad arrivare a Michele Lessona e, più vicini a noi, Licia Colò, Steve Irwin, David Attenborough e Nicolas Hulot, epigoni di un'ecologia raccontata attraverso una narrazione naturalistica. Ancora, in un'oscillazione tra dimensione locale e globale, tra salvezza e catastrofe, vengono alla luce il giornalismo “apocalittico”, dove la questione ambientale viene dipinta in termini catastrofisti, con corrispettivi avversari negazionisti, o altre forme giornalistiche promotrici di uno stile di vita green e trendy, tra diete vegetariane e innovazioni tecnologiche. “Questa”, afferma Marco Fretoddi “ è la grande storia che ci raccontiamo parlando di tematiche ambientali”.

A dare invece una prospettiva più metodologica del lavoro del giornalista ambientale è Sergio Ferraris, direttore di QualEnergia. “Il giornalismo scientifico”, afferma Ferraris, “tende, in Italia, a non considerare come scienza cose che hanno invece una questione fondamentale”. Il problema principale da affrontare è quello delle fonti. Vi sono studi accademici, certificati da un sistema di peer review, studi aziendali, più vicini ad operazioni di marketing che a reali studi scientifici, studi finanziati da associazioni ambientaliste, che ancora offrono a volte visioni parziali delle vicende, studi epidemiologici o di carattere economico, fondamentali per evitare un'eccessiva settorializzazione e troppo spesso ignorati nel nostro paese. Il giornalista deve sempre porsi in maniera attenta e critica, vagliando la validità delle fonti e analizzandole scrupolosamente.

Un caso eclatante è quello del dibattito sul nucleare del 2011, dove, analizzando con l'aiuto di un'esperto i dati dell'incidente di Fukushima, Ferraris è riuscito a scoprire l'avvenuta fusione del nocciolo del reattore della centrale, o ancora dove, sempre a seguito di un'attenta analisi dei dati, si è svelata la falsificazione dei dati resi pubblici dalla TEPCO, l'azienda giapponese responsabile della centrale.

Concludendo, Marco Fratoddi ha ribadito quanto illustrato nel workshop: la specificità dell'ambito del giornalismo ambientale, le sue tipologie ed il suo metodo: un vero e proprio “giornalismo della precisione”. La domanda finale di Fratoddi è rivolta a tutti coloro che vogliono lavorare nel settore: “si può fare giornalismo sull'ambiente, nell'ambiente o per l'ambiente.  Quale è utile? Personalmente, ho scelto la terza”.

Matteo Scopel