La prima guerra mondiale di internet

Sala Brufani, ore 11.30

C’è una guerra in atto, non è uno scontro tradizionale con armi e vittime. È la guerra mondiale per la governance di internet che vede su un fronte gli Stati Uniti, appoggiati dal resto dell’Occidente e su quello contrapposto i paesi emergenti, capeggiati da Cina, Russia, India e Brasile. I primi difendono il sistema “multi stake holders”, cioè quello attuale, che ha permesso lo sviluppo della rete e di fenomeni come Skype, Google o Facebook. Gli avversari invece rivendicano un controllo dei singoli stati sulla rete, accusando gli Stati Uniti di esercitare il monopolio sul cyber spazio. Il tema è stato al centro dell’incontro “La prima guerra mondiale di internet” al Festival del giornalismo di Perugia, con Andrea Aparo di Ansaldo Energia, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, Emilio Carelli, direttore SkyTg24, Gianluca Comini direttore relazioni esterne di Enel, Mauro Giovanni Fazio del Mise, Massimo Mantellini giornalista e blogger e Francesco Pizzetti presidente Alleanza per internet. Le due posizioni contrapposte sono emerse durante la conferenza sulle telecomunicazioni di Dubai del 2012, dove non tutti gli stati hanno firmato l’accordo finale. «La domanda è se stare con gli Stati Uniti sia la soluzione giusta per l’Italia, forse no, perché da noi colossi usa stanno facendo il proprio business a spese delle aziende locali» ha affermato Carelli.  Secondo Caracciolo, la vera distinzione nella guerra per la governance di internet è tra «coloro che sono detentori di soft power, ossia un potere di carattere culturale e coloro che non lo sono». Un potere, ha spiegato il direttore di Limes spesso «sopravvalutato», come nel caso delle Primavere arabe, dove internet ha avuto un’influenza minore di quella attesa. In questa partita tra grandi potenze l’Italia ha un peso poco rilevante: «Non abbiamo i numeri per essere parte del gioco» ha affermato Caracciolo. Basti pensare che soltanto il 50% degli italiani ha un accesso accettabile alla rete. «Non si tratta solo di una guerra industriale ma di uno scontro che condiziona lo sviluppo delle nostre società – ha sottolineato Pizzetti – per questo dobbiamo sforzarci di spingere gli stati allo sviluppo delle telecomunicazioni».

Ludovica Scaletti