“L’unica verità è quella delle parole scritte. Lì dentro c’è il fuoco acceso, c’è tutto. Anche la scelta tra la scrittura e la vita”. Una citazione che riassume bene l’opera prima di Annalena Benini, giornalista de “Il Foglio”, che il 12 aprile, alle 18:30, è stata presentata al Teatro della Sapienza. Ha moderato l’incontro Serena Danna, vice direttrice digital di Vanity Fair.
Ne “ La scrittura o la vita”, edito da Rizzoli nella collana Scala Italiani, dieci scrittori e scrittrici si raccontano in altrettante lunghe interviste condotte con lo stile della celebre serie “Writers at work” della “Paris Review”. Sandro Veronesi, Michele Mari, Valeria Parrella, Domenico Starnone, Francesco Piccolo, Patrizia Cavalli, Edoardo Albinati, Melania Mazzucco, Alessandro Piperno, Walter Siti, questi i nomi degli autori, da anni impegnati a scrivere, percorrendo ciascuno una strada differente, la storia della Letteratura Italiana e più vicini all’idea della Benini di vocazione per la scrittura e, soprattutto, anche disposti a spiegarla e a raccontare questo mestiere diventato per loro ragione di vita. Nell’introduzione leggiamo infatti “Sono certa che tutti e dieci comincerebbero un saggio intitolato Il mio mestiere allo stesso modo: “Questo è il mio mestiere e lo farò fino alla morte”. Una parte importante delle interviste è poi quello in cui gli intervistati raccontano il momento in cui sono riusciti a dirsi scrittori, vincendo le loro insicurezze e la paura del giudizio altrui. A tal proposito, Sandro Veronesi, racconta che quando era alle prime armi a Prato, un po’ si vergognava di definirsi scrittore e se gli chiedevano che mestiere facesse, lui rispondeva: “L’oftalmologo”. Annalena Benini, prendendo spunto dall’ossessione che dominava Alice Munro, assieme a Marina Cvetaeva, Virginia Woolf, Natalia Ginzburg e altri scrittori, riesce anche a farsi raccontare che cosa nella vita abbiano veramente sacrificato per dedicarsi alla scrittura, alla propria vocazione che richiede tanta disciplina e una buona capacità di sopportare la solitudine in cui ti proietta questo mestiere. Per esempio Francesco Piccolo parla proprio della sua determinazione nella rinuncia quotidiana a tante cose della vita pur di obbedire ogni giorno agli imperativi del suo lavoro di scrittore, a quella sensazione costante di dover recuperare il tempo perduto, di dover evitare di andare in vacanza per poter leggere i libri che non aveva mai letto, tutto per questa vocazione che lui definisce “cubetto di ghiaccio nel cuore” e che “davanti a ogni cosa o a ogni persona e a ogni situazione mi fa dire soprattutto: Scrivi”. Benini è dunque riuscita a conquistare la fiducia degli scrittori intervistati e a raccogliere confessioni e debolezze, paura di fallimento e aneddoti, non risparmiandoci alcuni momenti di ironia da parte sua quando gli stessi si prendono troppo sul serio o quando non riescono a sorvolare su ciò che nella vita li ha avviliti e fatti soffrire.
Stefania Fiorilla