Le cose che ho imparato

L'incontro con il giornalista e scrittore Gianni Riotta, tenutosi alle ore 16 presso la Sala dei Notari, si è aperto con un minuto di silenzio in ricordo del drammatico evento che ha coinvolto Arianna Ciccone, fondatrice di questo Festival.

Riotta ha proseguito, in un'atmosfera accogliente e informale, con la presentazione del suo ultimo libro, Le cose che ho imparato, edito da Mondadori nel 2011. Lo scrittore ha scelto di puntare il focus sulla rivoluzione tecnologica che dalla stampa di Gütemberg, passando per i più moderni personal computer, è approdata a internet. Nel libro ha analizzato vantaggi ed errori giornalistici scaturiti dall'invenzione del web.

Nel libro si parla di chi si è schierato contro l'uso della rete e chi, invece, l'ha accolta come un'opportunità per salvare la vera informazione e ha spesso erroneamente pensato che bastasse trasportare l'informazione tradizionale dalla carta nella rete. La tesi di Riotta è che la rivoluzione informatica, da sola, non sia sufficiente poiché nell'informazione giornalistica, la rivoluzione non passerà mai attraverso le invenzioni tecnologiche, bensì attraverso quelle contenutistiche.

Lui per primo si è interrogato su quali potessero essere i nuovi contenuti del web affinché si potesse vedere la rivoluzione dell'informazione. Sono stati rintracciati almeno due nuovi contenuti che hanno contribuito all'attuale modo di fare informazione: il primo è da riferire al giornalismo fatto da gente comune. La rete dà a tutti la possibilità di scrivere e investe tutti del ruolo di giornalisti; il secondo è l'interattività, la possibilità di dialogare insieme in tempo reale pur non essendo fisicamente insieme.

Di fronte al fatto che chiunque possa scrivere nella rete, il compito del giornalista sarà quello di dare più informazioni possibili ed oggettive in modo che chi legge sia in grado di crearsi una propria idea, di trovare la propria verità dei fatti che potrebbe essere anche migliore di quella che gli è stata proposta.

Alla domanda su come si possa rimanere oggettivi senza portarsi dietro il proprio bagaglio culturale, etico, politico e la propria appartenenza razziale, Gianni Riotta ha risposto che basterà ricorrere semplicemente alla equanimità. Essere equanimi significa porsi davanti a tutti i fatti con lo stesso animo, ascoltare le verità di tutti con tolleranza e rispetto, anche se poi si decide di rigettarle.

Nel rafforzare quanto detto, ha citato Publio Cornelio Tacito, il quale affermava che sia l'odio che l'adorazione accecano la verità.

Sabrina Pugliese