Intervengono Gian Paolo Accardo, Mauro Biani, Jean-Pierre Guéno, Chiara Mezzalama, Thierry Vissol.
Un incontro pieno di domande e di dubbi su un argomento altamente controverso, nuovamente venuto a galla dopo la tragedia francese di Charlie Hebdo: la libertà di espressione e i suoi limiti. Sono intervenuti Gian Paolo Accardo, direttore di VoxEurop, Mauro Biani, vignettista, Jean Pierre Guéno, scrittore, Chiara Mezzalama, scrittrice, e Thierry Vissol della Commissione Europea che è stato anche il moderatore del dibattito.
La libertà di espressione può essere definita tale se si ammettono le sue limitazioni? E' partendo da questa domanda che si sono via via susseguiti gli interventi dei relatori che hanno fornito punti di vista differenti. I principali spunti non possono che provenire dal massacro della redazione di Charlie Hebdo, avvenimento simbolo dell'eterna lotta tra la violenza e la libertà d'espressione. Per Chiara Mezzalama il diritto di poter esprimere le proprie idee è per definizione senza alcun confine: "Se esistono dei limiti così stringenti, non si può parlare di libertà. Ciò che è successo nella redazione di Charlie Hebdo deve spingere chi fa informazione ad esercitare le propria libertà". Ecco che però la discussione vira subito su un argomento più specifico. La vicenda di Charlie Hebdo ha sottolineato quanto uno dei principali limiti della storia alla libertà d'espressione è stata e continua ad essere la religione. Vissol a questo punto ha mostrato una vignetta satirica nei confronti di Papa Francesco che proprio dopo la strage di Charlie Hebdo si era lasciato andare ad una dichiarazione per certi versi sorprendente. "Se uno offende mia madre, io gli do un pugno", queste le parole del pontefice che suscitarono non poche reazioni. La religione come madre, la violenza come difesa. E' forse questa la sintesi perfetta di ciò che sta alla base della tragedia di Charlie Hebdo? "L'unico limite è il rispetto che è una dimensione profondamente individuale", afferma invece Jean-Pierre Guéno. Di opinione differente è invece Mauro Biani: "Tra la satira e l'umiliazione il confine è molto sottile, è vero. Basti pensare alle caricature degli ebrei che circolavano come propaganda antisemita nel regime nazista. Quella non è stata mai satira che per definizione è un atto critico contro il potere. L'obiettivo è la religione in quanto potere? Se è questo, Charlie Hebdo faceva e fa tuttora satira". "I giornali dovrebbero dunque fare autocensura?", chiede provocatoriamente Gian Paolo Accardo riferendosi al commento del direttore del Financial Times che, dopo la strage di Charlie Hebdo, scrisse in pratica che quelli della redazione del settimanale francese "se la sono un po' cercata". I limiti alla libertà d'espressione non stanno, però, solo nella religione. Così come è anche vero che, da quanto evidenziato dall'intero dibattito, non qualunque tipo di comunicazione può essere tutelato dal diritto alla libertà d'espressione, altrimenti ogni contenuto scritto o detto sarebbe giustificato. I limiti alla libertà d'espressione esistono e forse quelli più stringenti sono proprio quelli non giuridici come "il rispetto, la responsabilità e la paura", come affermato da Vissol. Sono limiti difficilmente definibili e a cui si cerca ancora di trovare dei significati ben precisi. In aiuto a questa ricerca vanno le parole conclusive di Accardo che così afferma: "L'informazione è anche provocazione, no? In una società democratica non ci deve essere nessun limite alla libertà d'espressione se non quelli fissati dalla legge. Per i mezzi di informazione ne esiste un altro ed è quello dettato dall'utilità pubblica".
Incontro molto interessante quello appena descritto, in cui diverse opinioni hanno cercato di delineare i confini di quella che sembra tuttora essere una massa informe. Tanti gli spunti di riflessione offerti alla platea.
Riccardo Aulico