“Bambini cattivi. L’odio online, la violenza e lo stalking tra bambini e adolescenti e il cyberbullismo”. Sono queste i temi affrontati nell’incontro con Giovanni Ziccardi, Professore di Filosofia del Diritto presso l’Università degli Studi di Milano, tenutosi oggi, mercoledì 5 aprile 2017, presso la Sala Priori del Grand Hotel Brufani, Perugia, in occasione dell'undicesima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo. Attraverso la proiezione di slides, Ziccardi ha esordito evidenziando come, oggigiorno, fenomeni tali cyberbullismo, stalking e diffamazione, un tempo tipici della criminalità organizzata fra adulti, siano stati interessati, con l’avvento delle nuove tecnologie, da un notevole abbassamento dell’età dei cosiddetti carnefici. Tutto ciò è dovuto a un abbassamento dell’età di fruizione di tali mezzi: le statistiche Istat, mirate a inquadrare il panorama tecnologico italiano, ci informano che, nella società a noi contemporanea, l’età in cui si regala il primo smartphone con connessione annessa è incredibilmente calata: un ragazzino di sette, otto anni, nella maggior parte dei casi ha già a disposizione il mezzo tecnologico con cui connettersi non solo ad Internet ma anche a Whatsapp, alle chat scolastiche e simili. Ma cosa rende la tecnologia così potente, quali sono i fattori che permettono una così ampia diffusione di questi fenomeni anche tra giovanissimi? Ziccardi risponde affermando che la non presenza fisica è uno dei principali fattori di diffusione di cyberbullismo e stalking: online si è portati, infatti, ad essere disinibiti, a tenere comportamenti ben differenti da quelli usuali. È inoltre la ricerca di consenso, ‘likes’ e visibilità che spinge un giovanissimo a riprendere, ad esempio, un ragazzo mentre viene bullizzato e a diffondere il video in rete; “Il ragionamento del ragazzino”, spiega Ziccardi, “è questo: se io vedo che il politico che viene invitato nei TvTalk è quello che grida più forte, se anche le più grandi testate giornalistiche mettono in copertina un video di un giovane decapitato in un incidente stradale perché io non posso farlo?”. Il loro modo di comportarsi e di approcciarsi alla tecnologia è quindi strettamente legato al contesto sociale in cui vivono. Un’ulteriore conseguenza è la morte dell’anonimato in rete: i ragazzini che pubblicano determinati video lo fanno con il loro nome e cognome proprio per ottenere visibilità, il timore di venire riconosciuti passa in secondo piano. Altri due fattori insiti nell’uso e nell’inarrestabile potenza della tecnologia sono l’amplificazione del danno e delle conseguenze sulla vittima e la persistenza del dato online: oggigiorno con i mezzi che i giovanissimi hanno a disposizione il bullismo non esiste più solo durante le ore di scuola ma è invece persistente 24 ore su 24; non è mai possibile liberarsi di chi ti ossessiona. In questo senso si osserva un ripensamento completo delle idee di relazione, contatto, identità e amicizia: sono interi istituti e classi che si accaniscono sulla vittima senza interrompere la catena di condivisione compulsiva. È, infatti, l’asimmetria tra le ‘armi’ a disposizione di chi attacca e chi si difende e il costante squilibrio di forze un altro degli aspetti ampiamente trattati dal professore: a chi bullizza basta un solo click per far diventare un video virale in poche ore. Chi si difende incontra invece mille difficoltà e l’impatto sulla vittima ha conseguenze devastanti. Non c’è più, secondo Ziccardi, il rispetto del dato altrui: La privacy è morta, tutto è pubblico, abbiamo il controllo solo sul 50% dei dati che ci riguardano. In italia, e non solo, dal punto di vista giuridico, sembra quasi che la sanzione penale nei confronti del bullo intimorisca: è presente infatti un solo disegno di legge riguardante il Cyberbullismo che adotta un approccio cauto andando a penalizzare più i genitori che chi ha realmente commesso il reato. Quale può essere un atteggiamento utile per porre freno al fenomeno? “Personalmente cerco di diffondere un atteggiamento paranoico” conclude il professore “bisogna diffondere e condividere il meno possibile quello che ci riguarda”. È necessario quindi rendersi conto che quando si parla di cyberbullismo non si parla ne di scherzo ne di goliardia ma di veri e propri reati, come l’estorsione, il ricatto e la diffamazione che perciò devono essere adeguatamente contrastati.
Virginia Morini