L’opinione pubblica nell’era dell’algoritmo

“È possibile o meno governare un algoritmo?”, “Quali sono i valori costituzionali legati al concetto di algoritmo e alla sua tutela?” con queste key questions Oreste Pollicino, docente di diritto costituzionale all’Università Bocconi di Milano, apre l’incontro tenutosi in occasione dell’undicesima edizione del Festival Internazionale del Giornalismo.
Con il diffondersi sui vari media delle cosiddette “fake news” e dell’ “hate speech” si riapre, più acceso che mai, il dibattito sulla possibilità di istituire, tramite l’uso di algoritmi, meccanismi di filtro rispetto ai contenuti che circolano sulle diverse piattaforme, dai Social Network ai Forum.
Oggigiorno un concetto come quello della trasparenza di un algoritmo, che altro non è che un automatismo, è un concetto nuovo, mai approfondito? “La risposta è assolutamente no”, spiega Pollicino, “ da decenni un problema legato sia a poteri pubblici che privati come quello di governare e gestire algoritmi è stato all’ordine del giorno” e continua affermando “non è possibile la governabilità di tali tecnologie senza il dialogo con gli attori privati visto il ruolo di creatori e programmatori”.
Ma è possibile riuscire a limitare il flusso eccessivo di fake news utilizzando algoritmi, senza andare ad intaccare la libertà di espressione dell’individuo? Si parla quindi di contestualizzazione dei diritti costituzionali in gioco, della libertà di espressione, del “Free market place of ideas” nell’era dell’algoritmo. Tali topic sono stati esaminati dal Professore alla luce del costituzionalismo Americano e di quello Europeo, facendo riferimento ad alcuni articoli fondamentali: per quanto riguarda la Costituzione Americana viene citato il primo emendamento che recita “nessun limite alla libertà di espressione”, ogni notizia, vera o falsa che sia, sembra quindi essere tutelata; spostandosi oltre oceano e guardando all’Europa l’articolo dieci della Convenzione Europea Dei Diritti Dell’Uomo nel primo comma cita “proclamazione della libertà”, sia il diritto di esprimere la propria opinione ma anche quello di essere informati ed informarsi vengono salvaguardati.                                                                                                                                                               Sempre analizzando il Costituzionalismo Europeo  Pollicino analizza il profilo passivo della questione, ossia il diritto ad essere informato che risulta, dal punto di vista assiologico, più importante di quello di informare; asserisce: “ evidentemente c’è una protezione maggiore  del soggetto passivo e probabilmente da questo punto di vista non è irrilevante se nell’ espressione delle proprie idee ci sia una notizia falsa, perché il diritto ad essere informato si nutre se non di verità, sicuramente non di falsità dolosa, pretestuosa”. Uno dei luoghi comuni più in voga nell’era dei bit è che il Pluralismo Informativo, ossia la possibilità di accedere ad un grandissimo numero di idee ed opinioni anche in contrasto fra loro sembra non avere più peso.
Alla luce di ciò cosa si può realmente fare per contrastare la diffusione delle fake news, senza arrivare all’autocensura, all’azzeramento della libertà di espressione? È necessario che il dibattito si concentri sulla ricerca di strumenti, di automatismi, che consentano secondo il principio di proporzionalità della misura, di individuare soluzioni che ledano il meno possibile il diritto di esprimere il proprio pensiero da parte degli utenti ma che siano al contempo efficacemente al servizio della reputazione e della dignità degli individui.

Virginia Morini