Le criminalità organizzata è sempre stata culturalmente associata al Sud d’Italia e al Sud del mondo. Eppure le ultime inchieste condotte da giornalisti italiani all’estero, confermano la pericolosa espansione delle mafie italiane anche in un’insospettabile Germania. Nel 2007 dopo il brutale eccidio di Druisburg in cui sette uomini italiani furono falciati all’ingresso del ristorante dove avevano appena finito di cenare, la Germania ha cominciato a dover fare i conti con una presenza sempre più ingombrante della ‘ndrangheta sul suo territorio. Il panel di giornalisti che questa mattina ha occupato la Sala Perugino dell’Hotel Brufani ha messo in luce i caratteri delle mafie italiane in Germania e la difficoltà nello stanare i suoi membri.
Franco Castaldo, direttore e fondatore di Grandangolo - il giornale di Agrigento, ha iniziato le sue indagini sulla mafia ai tempi della “guerra di mafia”, approfondendo gli studi sul fenomeno al punto da essere definito dall’Independent come uno dei maggiori studiosi della criminalità organizzata in Italia. Il felice incontro fra l’esperto e i giovani giornalisti relatori della discussione, ha consentito a questi ultimi di accrescere le indagini su un fenomeno in forte espansione.
Margherita Bettoni, giornalista investigativa della prima redazione tedesca no-profit Correct!v, nota come le mafie italiane si siano diffuse in tutta la Germania a partire dagli anni Settanta del secolo scorso: “la presenza più forte è senza dubbio la ‘Ndrangheta”, afferma, “ad oggi se ne contano almeno cinquemila affiliati”. Sebbene le indagini giornalistiche condotte dalla stessa Bettoni, da Cecilia Anesi e Giulio Rubino entrambi fondatori dell’Investigative Reporting Project Italy, le autorità locali hanno reali difficoltà nel compiere le loro attività di investigazione e di arresto. Anesi conferma: “il problema dell’inattività delle forze dell’ordine tedesche in relazione alle mafie italiane non sta nell’indifferenza, anzi, quanto nella mancanza di competenze linguistiche o di conoscenza approfondita del fenomeno. Dalle collaborazioni fra la procura di Agrigento e il corrispettivo tedesco sono emersi dati preoccupanti, ma il secondo motivo del non intervento della polizia risiede in una legislazione federale non adatta a gestire fenomeni come questi”. In Germania, infatti, attualmente non esiste il reato di associazione mafiosa, né il sequestro preventivo di beni mobili e immobili, e questo fattore è determinante nella prosecuzione delle indagini e nel tentativo di sradicare clan e famiglie mafiose.
Rubino ricorda che un’altra difficoltà nel trattare la mafia in Germania è legata al fatto che, come in tutto il mondo, oggi le organizzazioni criminali hanno sempre più il volto di società multinazionali, e in un territorio economicamente avanzato come lo è quello tedesco, i dubbi dell’illiceità di alcune attività, non si annida nel tessuto sociale e politico, anzi, talvolta si registrano collaborazioni fra la mafia e il potere politico, gestendo la prima appalti pubblici e grandi opere. “Inoltre”, conclude Rubino, “il problema mafia dal punto di vista sociale non è particolarmente recepito dai tedeschi o dai cittadini degli altri Paesi coinvolti, come l’Olanda o il Belgio. Perché? Perché si tratta di nazioni ricche, dove il contatto degli abitanti con queste forme di organizzazioni criminali non è l’unica alternativa al degrado, rispetto a quanto, invece, succede in Italia, soprattutto nel Sud”.
Emilia Sgariglia