Nell'ambito della rassegna "a teatro", alle ore 18, si è tenuto al Teatro della Sapienza un incontro con Lirio Abbate, inviato speciale per il settimanale L'Espresso.
Racconta la storia di giornalisti ammazzati su ordine di boss, giornalisti uccisi per aver fatto con senso di decenza e professionalità il loro mestiere, perché del resto nessuno di loro voleva essere eroe.
"Queste storie hanno un fattore in comune la vocazione al giornalismo, non all'eroismo" parole che toccano le coscienze di tutti in una platea stracolma.
"Bisogna restituire al mestiere del giornalista la funzione civile che aveva in anni neri della storia italiana. Mostrare, ora, mafiosi in televisione è favoreggiamento" l'appello e l'attacco lanciato da Abbate raccoglie un caloroso applauso, in questi giorni di polemiche sulla presenza del figlio di Riina in un programma televisivo sulla rete nazionale.
"Il giornalista non deve avere nessuna neutralità quando si affrontano temi come quelli delle mafie, bisogna sempre fare una scelta e schierarsi per quella" da qui comincia il toccante racconto, accompagnato da filmati video, della vita, della passione, e della dedizione al mestiere di giornalista degli 11 cronisti morti per mano della mafie, uccisi e intimiditi per dare una lezione ai vivi e insegnare loro il silenzio.
Così ha inizio l'excursus non cronologico sugli 11 martiri del giornalismo italiano: il primo filmato mostra uno spezzone del Tg1 del 5 gennaio 1984, annuncia la morte di Giuseppe Fava, a seguire il video dell'intervista a Fava da Enzo Biagi, solo una settimana prima del suo brutale omicidio nel 1985.
Si passa a Cosimo Cristina 24 anni, il primo giornalista ammazzato dalla mafia nel 1960, ma gli atti processuali parlano di suicidio. La sua colpa è di aver colto i segnali del cambiamento di Cosa nostra.
Mauro de Mauro, scomparve nel nulla dopo aver ricevuto informazione scottanti su mafiosi e politici. Era il 1970. Un quadro inquietante, un caso continuamente insabbiato.
Giovnni Spampinato, scoprì non solo l'esistenza di GLADIO, ma raccontava anche notizie scomode che davano fastidio al potere. Veniva ucciso nel 1972 a Ragusa.
Beppe Alfano ammazzato nel 1993, scriveva di cronaca e spesso toccava le sporche faccende della malavita e di alcune parti della politica nel messinese, un caso ancora aperto, anche questo pieno di insabbiamenti.
Mario francese. Nel 1977 pubblica un'inchiesta in 6 puntate sulla rete della mafia con i suoi interessi. Viene ucciso da Leoluca Bagarella nel 1979, primo omicidio eccellente eseguito dai corleonesi a Palermo. Solo nel 2001 la Corte d'Assise ha riconosciuto la matrice mafiosa dell'omicidio. Nel 2002, dopo anni di battaglie, il figlio Giuseppe si toglieva la vita. La mafia uccide anche così.
Giancarlo Siani, 26 anni, ucciso da due killer a Napoli. Esempio indelebile per tutti e per i precari del giornalismo. Per 5 anni è stato collaboratore senza contratto e senza diritti, nel 1985 riceveva un'assunzione a tempo determinato per due mesi. Nel settembre del 1985 i sicari della camorra gli toglievano spietatamente la vita. Saranno catturati 14 anni dopo. Nel 2000 la Corte d'Assise stabilisce che a ucciderlo sono stati due camorristi del clan nuvoletta campani, ma affiliati a Cosa nostra.
Mauro Rostagno ucciso dalla mafia nel 1988. Il giornalista-sociologo è stato eliminato perché in tv aveva alzato il velo sugli interessi di Cosa nostra a Trapani, svelando il profilo della nuova mafia nel trapanese.
Peppino Impastato denuncia gli affari mafiosi del boss Badalamenti che a Radio Aut osava definire Tano Seduto. Con il programma Onda Pazza sbeffeggiava mafiosi e politici. Assassinato nel 1978, veniva messa in scena la sua morte a causa di un fallito attentato terroristico, per far si che non divenisse un martire simbolo dell'antimafia.
Il racconto di Abbate, poi, ci conduce a Roma, dentro la nuova "Mafia Capitale".
Antonio Mancini ex membro della banda della Magliana ripercorre, in uno spezzone video, il ruolo di Carminati nella banda.
A conclusione del panel, Abbate, rende noto che al primo gennaio 2016, Ossigeno per l'informazione associazione che tutela i giornalisti vittime di minacce, ha aggiornato la lista con altri 116 nomi tra cronisti,fotoreporter, video-maker.
Il giornalismo offeso è finito, inoltre, in una relazione parlamentare della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi e dal vice-presidente Claudio Fava, figlio di Giuseppe Fava.
Il pubblico è visibilmente commosso e ha di certo apprezzato l'egregia ricostruzione di fatti così forti e strazianti.
Nicoletta Petrillo