Nella deontologia non c’è la “misura unica”: gli elementi fondamentali per codici fai-da-te

3 maggio, ore 17.30 –  In Sala Raffello si è svolto un dibattito tutto internazionale coordinato da Raffaella Menichini di Repubblica.it, sul tema della deontologia. Quando si parla di etica nella professione giornalistica, l’impostazione culturale gioca un ruolo fondamentale. Se ne è discusso insieme a Thomas Kent dell’Associated Press, Wilfried Ruetten – il direttore dell’European Journalism Center –  Mark Kaigwa, fondatore di Nendo, la giornalista e formatrice Giannina Segnini, e Chiara Bifano di Rai News 24.

Quali sono le principali sfide sulle tematiche etiche nel lavoro quotidiano del giornalista? Come sostiene Ruetten, il giornalismo ha lasciato le mura della redazione, e nell’epoca del citizen journalism diventa difficile stabilire i confini di un codice di comportamento. Ne serve uno semplice e intuitivo, facilmente fruibile anche dai giovani e che tenga conto dello sviluppo dei media. Con l’esplosione dei social network il fact-checking è diventato parte integrante del giornalismo, che non può più contare sulle agenzie di stampa come unico riferimento per la circolazione di  informazioni. Un aspetto cruciale è senza dubbio la verifica delle fonti, che non si limita al controllo costante della carta stampata, ma oggi sfocia nella professione dei community manager, che curano le notizie postate in rete dagli utenti.

Contestualizzando i problemi deontologici in un quadro più ampio, Mark Kaigwa offre uno spaccato del giornalismo a Nairobi, dove la situazione politico-economica è complessa e i nuovi media faticano ad emergere. I social network hanno svolto un ruolo importante durante la campagna elettorale per le elezioni del 2013, che ha coinvolto più attivamente blogger e cittadini. Resta tuttavia una contrapposizione fra media tradizionali, più assoggettati al potere, e quelli emergenti, dove l’informazione non può essere taciuta molto a lungo.

L’interno incontro ruotava però intorno al progetto promosso dall’Online News Association (ONA)  e presentato da Thomas Kent: si chiama “build your own ethics code” e ha come obiettivo quello di aiutare startup e giornalisti – novizi in particolare –  a trovare il loro codice deontologico. Si pensa a un codice internazionale, intuitivo, con possibilità di fare anche crowdfunding. Come funziona il codice “fai-da-te”? Si inizia con un gruppo di principi fondamentali che dovrebbero essere accettati da qualsiasi giornalista – come il divieto di plagio e corruzione, il dovere di responsabilità verso il pubblico e l’obbligo di dire la verità – dopodiché ogni giornalista ha di fronte una lista di 40 aree specifiche di principi etici, con quesiti che lo invitano a riflettere su ognuno di questi temi. Si tratta di un vero e proprio “kit” per sviluppare un proprio codice deontologico.

L’incontro si è concluso con la presentazione di una serie di case studies al pubblico, invitando i presenti a partecipare attivamente proponendo soluzioni e modelli di comportamento. Non esiste una risposta universale a queste situazioni, poiché ogni Paese possiede uno standard di riferimento, sviluppato in base a quali sono i temi più sensibili in quella specifica area geografica – come ad esempio il nazismo in Europa.

In ogni caso il giornalista dovrebbe scrivere per riportare i fatti nella loro integralità, facendo attenzione a non cadere nelle trappole di personaggi in cerca di popolarità e sviluppando un codice etico coerente con i propri principi e il modello di business che ha scelto per la testata. Perseguire un principio morale, oltre al semplice aumento delle vendite, aiuta i giornalisti a non commettere errori deontologici, poiché “il fatto che qualcosa sia legale non significa che sia anche etico” – conclude Ruetten.

Silvia Mazzieri

@SilviaMazzieri