Fantasmi di fumo a Perugia. Chiusura esotica ed “esoterica” per la prima giornata del Festival del Giornalismo di Perugia: al teatro della Sapienza Giampaolo Musumeci (Radio 24) ha presentato una serata di «storie che arrivano da lontano, raccontate da chi le ha viste da vicino». Storie di magie, ma tutte con alle spalle un retroscena politico e spesso interessi ancora più prosaici.
Molto famosa la spy story sudcoreana raccontata da Giulia Pompili del Foglio. La ex presidente Park è passata in poche settimane dalla Casa Blu al carcere dopo che sono emersi i suoi legami con una medium, senza cariche ufficiali eppure in possesso di documenti riservati e con grande disponibilità di denaro. I padri delle due donne rivestivano gli stessi ruoli di presidente e consigliere “magico” già negli anni ’60. Dopo le elezioni, il probabile passaggio di potere dal partito nazionalista a quello democratico potrebbe aprire un canale di dialogo con la Corea del Nord.
Sempre in Asia, Antonio Talia (Informant) ha ipotizzato come le resistenze di alcuni monasteri tibetani al divieto del Dalai Lama di professare il culto di un’antica divinità della morte potrebbero nascondere in realtà l’ambizione della Cina di condizionare anche la vita religiosa della provincia occupata nel 1959.
Un uso della religione a scopi politici messo in pratica anche dal dittatore haitiano “Papa doc” Duvalier, il cui look curatissimo ricordava volutamente quello della divinità vodoo Baron Samedi, temuto signore dei cimiteri. Alle credenze locali si ispiravano anche i Ton Ton Macoute, la sua famigerata milizia che rapiva e uccideva gli oppositori politici, come ha raccontato Lucia Capuzzi di Avvenire.
Dove però vita quotidiana e cultura magica si fondono in un insieme spesso inscindibile anche ai più alti livelli è l’Africa. Esemplari in questo le due storie calcistiche raccontate da Giulio Di Feo della Gazzetta dello Sport: nel 1971 la squadra ghanese dell’Asante Kotoko riuscì a vincere la finale della finale della Coppa dei Campioni continentale anche grazie alle prodezze del portiere Robert Mensah – la cui abilità si diceva fosse dovuta ad un cappello/feticcio da cui non si separava mai – che quel giorno “stregò” il centravanti avversario facendogli sbagliare un rigore a tempo scaduto.
A credere fortemente nella magia anche i dirigenti della federazione calcistica ivoriana, che nel 1992 arruolarono come falsi massaggiatori un’intera squadra di sciamani marabut per vincere la Coppa d’Africa contro il Ghana. Portato a casa il trofeo dopo una partita interminabile, gli sciamani non vennero pagati: per vendicarsi si dice che lanciarono un sortilegio contro la loro stessa squadra. Sta di fatto che da allora per 23 anni la Costa d’Avorio ha sempre perso tutte le partite decisive, fino a quando, all’inizio del 2015, in vista di una nuova edizione della Coppa d’Africa, il villaggio degli sciamani ricevette improvvisamente in “regalo” dal governo un pozzo e una scuola. Quell’anno la Costa d’Avorio è tornata a vincere.
Meno divertenti le due storie europee: l’isteria collettiva di una caccia alle streghe in un paesino ligure alla fine del ‘500 e la vicenda delle due ragazze inglesi di Halifax che nel 1938 raccontarono di essere state ferite di notte da un uomo apparso in una nube di fumo e armato di coltello come Jack lo squartatore. In pochi giorni un’altra decina di persone denunciò di essere stata aggredita nello stesso modo e in città dilagarono il panico e ronde di vigilantes che peggiorarono la situazione, fin quando non si scoprì che si era trattato di una burla «per finire sui giornali».
Alla serata hanno partecipato anche il prof Stefano Moriggi, docente di filosofia all’università Milano Bicocca; il fotografo Riccardo Venturi, che ha raccontato un suo reportage di guerra in Kosovo; l’attore Carlo Decio, che ha letto alcuni brani coadiuvato dal chitarrista Matteo Parretta.
di Alessandro Testa