Gli eventi che hanno caratterizzato quest’ultimo periodo hanno catapultato la società in una dimensione di sospetto e allarmismo nei confronti della tecnologia, come se ci fossimo tutti risvegliati in un grande episodio di Black Mirror o nel film Minority Report.
A pochi giorni dallo scandalo Cambridge Analytica, presso il Centro Servizio G. Alessi, si è tenuta una tavola rotonda, moderata dall’ingegnere Marco Calamari, il cui obiettivo è stato sensibilizzare ai pericoli che i nuovi sistemi di sorveglianza, da un lato, e internet, dall’altro, comportano tutt’ora.
Ad aprire l’incontro è la testimonianza di Giovanni Pellerano, il quale, avvicinandosi casualmente a un malfunzionante ‘totem pubblicitario’ nei pressi della stazione di Milano, aveva osservato dei codici di errore, successivamente ricondotti a un software di tracciamento facciale. Ulteriori analisi, come ha raccontato il cofondatore del Centro Hermes, hanno confermato le preoccupanti capacità di questo meccanismo: la piccola torre era in grado, tramite i suoi monitor, di analizzare le immagini per ricavare dati biometrici e il tasso di entusiasmo e di attenzione delle persone che si sarebbero fermate a osservare la pubblicità.
Proseguendo, la parola è passata a Riccardo Coluccini, il quale ha invece esposto le informazioni da lui ricavate grazie al F.O.I.A. – una recente normativa che permette ai civili di accedere a gran parte dei file che non sono soggetti all’obbligo di pubblicazione. In particolare, il giovane giornalista freelance ha concentrato il proprio lavoro sulle tecnologie in cui hanno investito le forze dell’ordine (e quindi lo Stato), in un’ottica principalmente antiterrorista, ma che potenzialmente coinvolgono tutti i cittadini: oltre a un sistema di videocamere dalle capacità simili al totem sopracitato, vi è anche la possibilità di convertire e scaricare contenuti digitali audio-video per conservare e trascrivere le tracce vocali degli utenti (sistema ‘crime’).
Come è possibile che tutto questo venga permesso, nonostante le crescenti tutele al diritto alla privacy e all’oblio che caratterizzano la contemporaneità? Ne hanno parlato il presidente del centro Hermes, Fabio Pietrosanti, e l’avvocato Giovanni Battista Gallus.
Il primo, durante il suo intervento, ha svelato i retroscena dell’incubo privacy che avvolge il nostro Paese: nel corso della discussione della Legge europea del 2017, è stato inserito nel testo un emendamento “nascosto” che ha allungato sensibilmente i termini dell’obbligo per le compagnie di comunicazione di conservare i dati telefonici e telematici dei propri utenti – portandoli a sei anni. L’imminente fine della legislatura ha convinto il Senato ad approvare il testo della Camera nella sua integralità.
Ad aggravare la situazione sono i pericoli a cui tutti i proprietari di smartphone o pc sono costantemente esposti, a causa della necessità che lo Stato impone ai gestori di memorizzare ogni sito in cui il nostro IP privato lascia traccia. E’ possibile contrastare questo sistema? Pietrosanti individua due strade, entrambe difficilmente percorribili: portare la questione in giudizio alla Corte di Giustizia europea, oppure con un’azione di policy lobbying per influenzare le future legislature.
Infine, Gallus ha avuto lo “scomodo” compito di convertire quanto era stato detto in termini di legge, facendo riferimento alla ormai prossima applicazione – prevista per il 25 maggio 2018 – del Regolamento UE riguardante la tutela e la protezione dei dati.
Lorenzo Tobia