Che effetto ha la velocità sempre più vertiginosa del susseguirsi di aggiornamenti on e offline sulla qualità e qualità delle notizie? C’è chi parla a questo proposito di “twitterizzazione” dell’informazione, ma cosa significa in concreto? E si tratta di un’evoluzione da combattere o di un cambiamento da abbracciare con entusiasmo? Come integrare il contributo delle “persone prima conosciute col nome di audience” - come Jay Rosen definisce i lettori online - in maniera da garantire una narrazione fluida, coesa e attendibile, dovendo lavorare all’interno di margini temporali sempre più stretti? Esiste davvero una distinzione fra analogico e digitale nella maniera di porsi e trattare le news? Infine, il Web è davvero il luogo dell'immediatezza e della volatilità dei contenuti, come spesso si tende a pensare, o è piuttosto il regno dove i contenuti diventano eterni, con tutto ciò che questo comporta in termini di selezione e conservazione degli stessi?