Poteri pubblici, poteri privati e fattore tecnologico: nuovi processi di formazione dell’opinione pubblica nell’era dell’algoritmo.
Il dibattito sull’opportunità di istituire meccanismi di filtro rispetto ai contenuti che circolano attraverso il web, nelle sue diverse piattaforme (social network, blog, etc.), ha conosciuto di recente un momento di rivitalizzazione a fronte, da un lato, del propagarsi del fenomeno delle “fake news” e, dall’altro, del diffondersi sempre più frequente, sul web, dell’hate speech
In questo scenario, prende corpo l’esigenza di interrogarsi sull’opportunità di nuovi strumenti di tutela che si adeguino all’incedere della tecnologia e rispondano all’emergere di nuove fonti di minaccia per i diritti e la dignità degli individui. Per affrontare tale quesito occorre tuttavia emancipare il dibattito da ogni possibile concezione retorica tendente a ricostruire i fenomeni che prendono corpo in rete e la loro (possibile) regolazione secondo una logica di semplificazione. Accade di sovente, infatti, che al prospettarsi di tentativi di governare questi fenomeni, si riscontrino reazioni ispirate a diffidenza inclini ad accreditare che l’idea che i legislatori e i regolatori intendano coltivare un controllo pubblico di carattere censorio sulla rete. Invero, la complessità dei fenomeni in parola, e le conseguenze di elevato momento determinate dall’avvento di Internet sulla libertà di manifestazione del pensiero, presentano una rilevanza tale da non rendere riducibili questi tentativi di normazione a mere sortite censorie tendenti a imporre un controllo generalizzato e diffuso sul contenuto del web.
Non possono e non devono tuttavia trascurarsi le serie implicazioni derivanti dall’implementazione di sistemi che permettano di interporre un ostacolo tra una circolazione del tutto incontrollata e libera di contenuti, da contemperare, nella loro conformazione, alle importanti indicazioni della giurisprudenza europea in materia. Occorre, in altri termini, che la riflessione si appunti sulla ricerca di strumenti che consentano, in ossequio al principio di proporzionalità, di individuare soluzioni compatibili con il diritto di esprimere il proprio pensiero da parte degli utenti ma che siano al contempo efficacemente al servizio della reputazione e della dignità degli individui.
Organizzato in collaborazione con le Cattedre di “Informatica Giuridica”, “Informatica Giuridica Avanzata” e i Corsi di Perfezionamento in “Investigazioni Digitali” e in “Data Protection” dell’Università degli Studi di Milano (Prof. Giovanni Ziccardi – Prof. Pierluigi Perri).