Diritto all’oblio e de-indicizzazione: il difficile bilanciamento tra le esigenze di restaurazione della privacy e la libertà di espressione.
La pubblicazione Internet di articoli e archivi giornalistici pone importanti interrogativi per la tutela della dignità umana e della privacy delle persone negli articoli citate, sottoposte alla perenne riproposizione di tali contenuti. La permanenza online di tali informazioni e la indicizzazione ad opera dei motori di ricerca impedisce la dimenticanza e l’oblio dei fatti o degli eventi in tali articoli narrati, con possibile ripercussioni sulle vite dei soggetti coinvolti.
Il diritto all’oblio è volto alla tutela della privacy di tali soggetti, quando il trascorrere del tempo ha fatto venir meno l’interesse pubblico alla conoscenza della notizia, consentendo la dimenticanza.
Ma quando si può affermare che l’interesse pubblico è venuto meno? L’analisi dei casi decisi dal Garante per la protezione dei dati personali fornisce alcune indicazioni, quali la notorietà della persona coinvolta, l’attinenza alla vita professionale, la rilevanza nazionale della notizia o la prosecuzione della vicenda giudiziaria. Permane, tuttavia, un acceso dibattito, che vede contrapporsi la visione europea, più attenta alle esigenze di privacy, e la visione statunitense, più favorevole alla trasparenza e che tutela maggiormente la libertà di espressione.
L’affermazione della prevalenza del diritto all’oblio può, inoltre, portare a conseguenze differenti: è, infatti, diverso cancellare un articolo, de-indicizzarlo o de-indicizzarlo soltanto per le ricerche effettuate col nominativo del soggetto coinvolto. Non sempre, poi, se il contenuto diventa virale, tali soluzioni sono tecnicamente possibili.
Organizzato in collaborazione con le Cattedre di “Informatica Giuridica”, “Informatica Giuridica Avanzata” e i Corsi di Perfezionamento in “Investigazioni Digitali” e in “Data Protection” dell’Università degli Studi di Milano (Prof. Giovanni Ziccardi – Prof. Pierluigi Perri).