Le regole della produzione e circolazione della notizia In Italia seguono percorsi spesso incomprensibili. Lo dimostra il caso dell'attacco alla società milanese Hacking Team, che ha avuto un impatto mondiale, ma che è stata quasi ignorata dall'informazione italiana. L'azienda, tra i leader mondiali nella produzione dei “trojan di Stato”, vale a dire i software utilizzati da forze dell'ordine e agenzie governative per “infettare” e prendere il controllo di computer e smartphone, per finalità investigative e di intelligence. Lo scorso 6 luglio Hacking Team ha subìto un attacco devastante e buona parte del patrimonio informativo aziendale è stato distribuito in Rete (mail, chat, perfino i manuali e il codice sorgente). Questa diffusione ha confermato svariati dubbi che erano già emersi a seguito degli accurati studi effettuati dal Citizen Media Lab di Toronto e da Privacy International, con riguardo a rapporti commerciali con stati in cui i diritti umani non sono esattamente una priorità.
La vicenda come è stata trattata dalle cronache? E l'informazione degli organi di stampa ha girato sui social e stimolato un dibattito tecnico/legale indispensabile per la società civile? Renato Gabriele e Manuela Vacca, già in occasione dell'ultima edizione di "E-privacy 2015" hanno proposto una prima analisi social, partendo dai big data di Twitter ed esaminando una mole di 700mila tweet e oltre 350mila link, per verificare quale sia stato l'impatto effettivo della notizia.
In questa presentazione ci si chiederà, quindi, come mai la scossa sismica che ha colpito Hacking Team, avvertita in tutto il mondo, in Italia sia stata poco più che un tremore. Perché non soltanto i giornalisti ma anche gli attivisti, in Italia, non hanno dimostrato un reale interesse alla notizia, a parte alcune limitate eccezioni? Le libertà fondamentali, la privacy e la protezione delle fonti sono considerate un optional nel Belpaese?