Maggio 2015 segnerà il quinto anniversario dell’arresto di Chelsea Manning, la soldatessa divenuta whistleblower di alcuni dei maggiori leak pubblicati da WikiLeaks a partire dal 2010. Grazie a Manning, ad esempio, il sito di Julian Assange ha potuto diffondere i documenti relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq, il corpus di corrispondenza diplomatica Usa poi noto con il nome di “Cablegate” e il video Collateral Murder. Prima di essere condannata a 35 anni di reclusione, Chelsea Manning è stata in carcere, in attesa di processo, per più di tre anni, in condizioni che diversi osservatori, incluso l’Onu, hanno definito come inumani e paragonabili alla tortura.
Chelsea Manning è l’archetipo del whistleblower è la dura sentenza che le è stata inflitta è un sintomo chiaro del clima preoccupante che circonda i whistleblower e i giornalisti che con essi collaborano nell’America di Obama. Oltre a Manning, altri leaker come Edward Snowden e l’attivista di Anonymous Jeremy Hammond sono stati mandati a processo o accusati e, in particolare, l’Espionage Act del 1917 è stato utilizzato in diverse occasioni contro fonti giornalistiche, creando un pericoloso precedente dove il giornalismo è considerato alla pari del tradimento o peggio ancora dello spionaggio.
La vicenda di Chelsea Manning è quindi emblematica per il giornalismo contemporaneo. Il panel farà il punto sul caso Manning a cinque anni dal suo inizio e sottolineerà alcune delle questioni connesse più stringenti, come le conseguenze per il giornalismo, la protezione delle fonti e il bisogno di tutele e garanzie maggiori per i whistleblower e i giornalisti che espongono le loro rivelazioni.
Organizzato in collaborazione con la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili