Giornalismo d’inchiesta e cinema di denuncia sono due modi di puntare i riflettori su quei problemi che l’opinione pubblica non deve ignorare. Entrambi fanno parte della nostra tradizione, specie quando si incontrano. Pensiamo a pietre miliari come Le mani sulla città (1963) o Il caso Mattei (1972) di Francesco Rosi. A come nel secondo Mauro de Mauro, giornalista dell'Ora contattato dal regista per collaborare, sia diventato una tragica parte del film perché mentre indagava su Mattei fu sequestrato, senza essere mai ritrovato.
Il bisogno di raccontare il potere non si è mai spento negli anni, si è adattato ai tempi e alla necessità di mostrare opacità, zone d'ombra e misfatti. E ai giorni nostri troviamo questo impegno civile in Mario Tullio Giordana, regista di film come I cento passi, Pasolini - un delitto italiano e Romanzo di una strage, e in Lirio Abbate, autore di importanti inchieste sui rapporti tra mafia e potere. Quali ostacoli incontra un regista o un giornalista che vuole raccontare una storia scomoda? Quanto è lunga e pericolosa la strada che percorre? Perché è importante andare avanti nonostante tutto?