PROTEGGERE UN TESTIMONE OCULARE NELL’ERA DEI SOCIAL MEDIA

Attacchi terroristici, sparatorie e catastrofi naturali  occupano periodicamente le prime pagine di tutti i giornali e alcuni testimoni oculari condividono attraverso Facebook, Twitter o Instagram foto, notizie e sensazioni. Sono moltissimi i giornalisti che in seguito usano questi contenuti per ricostruire l'accaduto, violando spesso i diritti dei testimoni.
Presso la Sala del Dottorato, Sabato 9 Aprile, Claire Wardle (insegnante di giornalismo presso il Tow Center for Digital Journalism), Josh Stearns (direttore di Local News Lab GR Dodge Foundation), Malachy Browne (fondatore di Reporte.ly) e Fergus Bell (fondatore di Deeg Deeper Media) si sono confrontati sull'argomento nell'ambito del panel condotto da Sue Llewellyn, consulente di strategie digitali.
Spesso capita che i testimoni oculari postino foto o video di momenti cruciali (come la famosa sequenza del poliziotto giustiziato per strada durante I blitz seguiti alla strade di Charlie Hebdo) non rendendosi conto dell'effetto mediatico che le immagini suscitano una volta riprese (a volte senza il consenso del testimone) da testate giornalistiche online o cartacee. Anche i sensi di colpa verso la famiglia della vittima diventano un bagaglio pesante per i testimoni oculari, chiamati in gergo citizen journalists.
Ci sono casi in cui è lo stesso giornalista a indurre i testimoni a compiere azioni sconsiderate, come ad esempio mettersi in contatto con lo stesso reporter mentre è in corso una sparatoria. Queste pratiche sono causa della pressione a cui il giornalista è sottoposto nell'urgenza di riportare le notizie in tempo reale.
Durante la discussione si sono infine vagliate diverse best practices, che il giornalista potrebbe e dovrebbe attuare allo scopo di proteggere i propri testimoni. Una di queste, secondo Josh Stearns, consiste nel creare comunità di lettori informate rispetto alle modalità con cui possono contribuire alla costruzione della notizia, inviando foto o video personali. Una seconda proposta vorrebbe coinvolgere i principali social network in una campagna di sensibilizzazione sul tema, sfruttando gli spazi pubblicitari che Facebok, Twitter ed Instagram hanno a disposizione.

Noemi Francesca Tediosi