Sala Raffaello, Hotel Brufani – ore 19.30
L’incontro presso la Sala Raffaello dell’Hotel Brufani vede come protagonisti Gianni Pacinotti, in arte Gipi e Luca Valtorta, giornalista di la Repubblica. Doveva essere presente anche Andrea Appino, cantante degli Zen Circus, che purtroppo non è in grado di raggiungere Perugia per un problema improvviso. Il contributo del cantante sarebbe stato interessante perché si parla di punk, in un viaggio che spazia dalla musica al disegno. L’attenzione si concentra dunque sul noto fumettista pisano che racconta la sua esperienza e il suo personale incontro con la scena punk degli anni Ottanta, quando era giovane e senza paure, quando “avevo diciotto anni ed ero immortale”. Non tutti sanno infatti che Gipi ha iniziato a suonare a quindici anni e ha fatto parte di alcune band musicali che gli anno permesso di vivere gli anni più intensi e floridi del punk, anni di libertà, follia e meravigliose esagerazioni che hanno reso quel periodo storico indimenticabile. Secondo Luca Valtorto la scena è completamente cambiata da allora, e non esiste più quella carica speciale, quell’energia folle e bellissima tipica di quel tempo: “quando vado ai concerti, non trovo più quella sensazione di pericolo per cui andavi e non sapevi quello che ti poteva succedere. Non c’è più quella follia pura che ci piaceva tantissimo”, racconta. Gipi ritiene che si tratti di un inevitabile processo per cui invecchiando si tende a mitizzare il passato e i tempi della gioventù, per cui sembra sempre che il presente sia peggiore. “E’ la vecchiaia”, afferma sorridendo. E’ vero anche che alcune cose sono cambiate, ai concerti di allora per esempio, non c’era distanza tra il gruppo che suonava e il pubblico, ma c’era una sorta di comunione che creava un’energia unica. Dopo una serie di aneddoti sulle avventure (o meglio, disavventure) del fumettista quando frequentava la scena e andava ai concerti negli anni d’oro, si parla di disegno e di come il punk abbia effettivamente influenzato tutto il suo lavoro creativo. Gipi nel suo disegno racconta anche il punk, perché chi lo ha vissuto se lo porta dentro per sempre. Il punk era vento di libertà e “la libertà era ed è ancora la cosa che più mi interessa”. È per questo, in fondo, che anche se i tempi cambiano, “punk’s not dead”.
Micol Sacco