Quando a trollare è uno Stato: come rispondere alle aggressioni online contro i giornalisti

Nelle Filippine, una campagna coordinata di “troll pagati, ragionamenti fallaci, salti logici, avvelenamento dei pozzi” è stata tra “le tecniche di propaganda che hanno contribuito a spostare l’opinione su problemi chiave”. A Malta, campagne di odio, hanno preso di mira Daphne Caruana Galizia, prima del suo omicidio. In India, Rana Ayyub ha lasciato il paese a causa di una campagna di molestie online, dopo che aveva riferito sulla corruzione del governo del paese. Questi sono solo alcuni casi di campagne di trolling da parte dello Stato, che hanno preso di mira i giornalisti con lo scopo di intimidirli e silenziare l’informazione su questioni di interesse pubblico.
Durante il panel i giornalisti hanno riportato la loro esperienza.“Gli obiettivi principali sono sempre i giornalisti più influenti – introduce Courtney Radsch del Committee to Protect Journalists – Buona parte del trolling online include anche una discriminazione di genere. Lo scopo è quello di minare i giornalisti e la loro legittimità. Purtroppo, molte volte, le aggressioni non si arrestano ad internet, ma sono anche fisiche”.
Tra le varie esperienze esposte nel panel c’è quella del giornalista turco Yavuz Baydar: “Parlo non solo come direttore responsabile di Ahval, ma anche come soggetto di troll. La situazione in Turchia è a rischio. Il 93% dei media adesso è sotto il controllo editoriale da parte del governo e del presidente. Quando abbiamo cominciato il nostro lavoro, per costruire da una vera e propria opposizione, dovevamo partire dal settore economico e dalle notizie relative a questo. I troll hanno cominciato a bloccarci, anche sul dominio digitale. Dopo i nostri articoli critici su Erdogan, il nostro sito è stato bandito e l’accesso al sito è ancora vietato”.
La seconda testimonianza è quella di Caroline Muscat: “A Malta è stata uccisa Daphne, una delle poche voci veramente indipendenti nel paese. Era diventata un obiettivo d’odio. Durante le nostre ricerche abbiamo scovato 6 gruppi Facebook, segreti e chiusi, che avevano come obiettivo giornalisti critici del governo. Lo scopo era quello di sfinirli. Era uno strumento di oppressione”. A portare una testimonianza dell’India è invece Rana Ayyub: “Sono una giornalista indipendente investigativa, che ha vissuto trolling online. Ho svolto una indagine sul governo e sul primo ministro e da lì sono partiti gli attacchi. Nessuno voleva pubblicare ciò che avevo scoperto e l’ho fatto da sola, in un libro. Così sono partire le minacce, prima con tweet contro di me. Poi con messaggi privati. Fino alla pubblicazione di un video porno con una mia immagine appositamente inserita. I miei dati personali e il mio indirizzo di casa è stato dato in pasto a tutti. Non credevo di dover pagare un prezzo così alto per il giornalismo”.

Benedetta Baronti - volontaria press office IJF19