Quando la folla investiga

Centro Servizi G. Alessi, ore 15.30

La giornalista e attivista Heather Brooke, modera l’incontro presentando Paul Lewis, special project editor del quotidiano britannico The Guardian. L’argomento è l’analisi  del ruolo del giornalista professionista in rapporto a tantissimi “investigatori” nvestigatori"tantissimi " frotessionista di frote i interventi si possono modulare le testimonianze delle autorità pubbliche e le mille voci dei civili.
Ormai tutti coloro che hanno accesso ad internet  possono fare notizia e possono costituire fonti di notizia che non sempre sono attendibili e spesso possono essere fuorvianti per i giornalisti.
Oggetto di analisi sono la morte dell’edicolante Ian Tomlinson a Londra durante il G20 del 2009 e i disordini a Londra del 2011, conosciuti meglio come England Riots.
È stato possibile in quelle occasioni raccogliere testimonianze attraverso video su You Tube, Twitter o Facebook, oppure direttamente raccogliere foto scattate da persone che si trovavano sul posto e pubblicate su questi social media. Ed è affascinante e significativo notare che i retweet più numerosi siano fatti da utenti singoli piuttosto che da profili di testate giornalistiche.
Il giornalismo sta diventando qualcosa di diverso: ora sono le fonti a cercare il giornalista e non il contrario: la folla fa le proprie indagini indipendentemente dal giornalista, che è il punto finale della ricerca.
Qualsiasi critico potrebbe dire che questo tipo di giornalismo può essere poco attendibile  e riduttivo. Ma in realtà questo è un modo efficace per dare notizie immediate e per ricevere fonti in tempo reale. Chiunque può fare un video o scattare una foto, ma poi è sempre la figura del giornalista a concludere il lavoro e ad avere una posizione più credibile e accreditata.
Le notizie viaggiano lo stesso, ma è compito e dovere del giornalista confermare o negarne l’autenticità!

Stefania D’Orazio