Il carisma e la ‘forza della parola’ di Roberto Saviano hanno inondato la folla presente questa sera a Teatro Morlacchi per vivere una serata dedicata all’importanza del contenuto che va oltre la superficialità, al coraggio di chi racconta il potere senza lasciarsi intimidire, costi quel che costi. L’incontro si è aperto con suggestioni, riflessioni sul nuovo modo di fare comunicazione, giornalismo: “alla luce della trasformazione sintattica della comunicazione, osservare le elezioni americane è stato come scavare in una miniera del nuovo mondo; tutte le regole che avevamo osservato e tutti i modi di fare giornalismo si sono totalmente ribaltati” esordisce. Il fattore scatenante è stato rendersi conto di come, riguardo alla campagna elettorale americana, l’elettorato si è diviso profondamente, non solo nella scelta del candidato, ma soprattutto nella richiesta di coerenza rispetto a ciò che quest’ultimo dichiarava. Mentre alla Clinton veniva richiesta una continua coerenza con i principi che millantava, a Trump assolutamente no: poteva usare un linguaggio offensivo verso determinate categorie, essere menzognero fino all’impensabile, ma niente lo allontanava dal suo elettorato; “Puoi essere chiunque ma tu hai l’obiettivo di girare il tavolo, di cambiare le carte in tavola ed io sono con te” afferma Saviano interpretando il pensiero dell’elettore. Succede quindi che il linguaggio più violento e più irrispettoso diventa il più autentico: puoi gridare al tuo interlocutore “sei una latrina” ma il pubblico pensa “beh, almeno sei autentico”, coerente nella sua incoerenza.
Si delinea quindi un’era in cui è il miserabile che crea la notizia, che inizia ad avere molta attenzione, molti click: “Questo perché l’obiettivo non è creare un informazione di contenuto ma di rumore, il contenuto prende tempo e il tempo è nemico della viralità “afferma Saviano. Ha fatto un esempio: il post più condiviso della campagna elettorale americana è stato: “Donald Trump è appoggiato da Papa Francesco”. Non importa quindi se la notizia è vera o falsa, non importa quello che dici o fai, l’importante è che arrivi alle persone. “I contenuti stanno morendo sempre di più, la complessità sta morendo. L’unica forma di cittadinanza universale umana che vale la pena ancora propagandare, come cerco di fare, è l’empatia, quella capacità di sentire dentro di se la felicità e il dolore allo stesso tempo, riuscire ad immedesimarsi completamente nella storia che stiamo raccontando”.
È la possibilità di raccontare ancora queste storie che gli permette di entrare in una sorta di ‘ironico corto circuito’: “mi succede di imbattermi in storie davvero incredibili, che mi aiutano a capire esattamente la direzione che si sta prendendo”. Tra queste viene presentato da Saviano il ‘fenomeno Kim Kardashian’: “Il suo sedere ha cambiato il volto dell’America, distrugge tutti i taboo, e non è una mia iperbole”. È cambiato così, in pochissimo tempo, l’approccio alla bellezza della donna bianca: nella società bianca americana o avevi il sedere piccolo e tonico o eri in decadenza. La Kardashian, invece, è attualmente una delle donne più influenti del paese e “Sapete perché? Perché proprio lei? Perché non sa fare niente, non sa cantare, non sa scrivere, non sa cucinare, non fa assolutamente nulla”. Se hai un talento una grande fetta delle persone online saranno invidiosi, ti disprezzeranno: Kim Kardashian lo capisce, e lo teorizza.
Viene fatto un altro grande esempio della viralità, dell’ammirazione della mancanza di contenuto: Dan Bilzerian, giocatore di Poker statunitense, sostenitore di Trump con un account Facebook e Instagram che ha milioni e milioni di follower. Ma cosa vuole fare nella vita? “Voglio morire di fica” afferma Bilzerian che passa la vita a fotografarsi con Escort, ville, armi che usa sparando alle zucche, affittando un carrarmato per schiacciare lattine. Perché il suo successo? “Perché il web è la fucina dell’invidia: nel nostro mondo è inutile mentire e raccontarsi frottole, è il propinare la filosofia dell’immediatezza, del non pensare, non fermarti, a risultare vincente”.
Il giornalista-scrittore conclude, però, con un ‘esempio di speranza’: “Corrado Alvaro in un suo libro ricorda suo padre dicendo: mio padre era un maestro di scuola che bocciava tutti gli studenti ogni anno, perché? Per farli continuare ad andare a scuola fino a sedici anni per non farli diventare pastori: è così che ha salvato intere generazioni dall’ 'ndrangheta”. Tutto questo per dire che “Ancora una volta stare sui contenuti ci può salvare, rimane solo la voglia, individuale e collettiva, di dare voce all’approfondimento, alla conoscenza”.
Virginia Morini