Scrivere di minori, di violenza e di nuove famiglie

Mercoledì 5, ore 16:30 Sala Priori, Hotel Brufani

Marcello Bergonzi Perrone, avvocato, ha parlato pubblicazione degli atti relativi a procedimenti giudiziari. Spulciando i diversi commi dell'art. 114 del Codice di Procedura Penale, ha specificato che é vietata la pubblicazione di atti segreti e del loro contenuto fino a quando non sono concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare. Anche gli atti del dibattimento non possono essere pubblicati se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado. Le indagini, spiega l'avvocato, potrebbero essere difatti compromesse dalle notizie diffuse. Ma ci sono anche casi in cui il giudice può disporre il divieto di pubblicità degli atti quando questi sono contrari al buon costume. Il sesto comma del medesimo articolo, in particolare, impone il divieto di pubblicazione della generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiate dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. Ma anche e soprattutto di tutti gli elementi che possano far identificare il soggetto. Il Tribunale dei minorenni, se va a vantaggio della persona coinvolta, può consentire la pubblicazione di questi elementi.
Secondo il penalista la violazione del segreto istruttorio sulle testate giornalistiche é molto frequente. Circostanza che ha costretto la Corte Penale a interviene stigmatizzando tale pratica. Così come specificato, la punizione di questi atti é l'arresto fino a 30 giorni o una ammenda. Misure blande, secondo l'Avvocato. Illustrato velocemente anche il Codice della Privacy che copre i vuoti normativi per la effettiva tutela di tutte persone coinvolte nei procedimenti giudiziari. L'art. 137 del Codice prescrive l'essenzialità dell'informazione riguardo ai fatti di interesse pubblico. I giornalisti possono pubblicare informazioni su minori se queste vanno nell'interesse oggettivo dello stesso. Il riferimento va anche alla Carta di Treviso, dal 2006 riconosciuta dall'Ordine dei Giornalisti.
Stefania Stefanelli, Università di Perugia, presenta alcuni casi di pubblicazioni di testate giornalistiche italiane in cui sono stati pubblicati dati che avrebbero potuto far identificare il minore. Sono esempi di notizie in cui l'interesse del minore alla riservatezza non é stato rispettato. Nome, cognome, immagine e altri dati che possono farlo riconoscere sono da considerare indispensabili al diritto della sua riservatezza. Ma anche lo stato di salute o una eventuale patologia sono elementi da tutelare sempre. In generale gli operatori della comunicazione devono rispettare la veridicità dei fatti, la rilevanza sociale della notizia e la forma civile dell'esposizione.
Il giornalista deve sempre considerare il danno che può provocare nella pubblicazione dei dati sensibili. Alcune informazioni non utili alla pubblicazione sono solo morbose, afferma Stefanelli. Ma molto spesso il problema nasce anche sui termini utilizzati. Sono tanti i casi in cui questi vengono usati in modo improprio e dispregiativo. Dunque, serve particolare attenzione nella pubblicazione di dati che possono ledere l'immagine e la dignità delle persone.

Alessandro Bottone