Se anche il modello free press va in crisi

Free press in crisi? Abbiamo analizzato lo stato dell'arte con Mikael Jensen, CEO di Metro. A moderare l'incontro Giuseppe Roma, direttore generale CENSIS. Analizzato dal moderatore il target di riferimento della free press: "Spesso si dice erroneamente che l'utenza della free press sia povera e fatta solo da pendolari". I dati invece dimostrano che il 44% dei lettori è formata da dirigenti, funzionari, impiegati. "La free press non ha un pubblico di serie b, ha continuato Roma, ma un pubblico con un elevato livello di istruzione". Tra il mix delle fonti di informazioni ai primi tre posti troviamo rispettivamente i telegiornali, i giornali radio e infine i quotidiani a pagamento. I quotidiani gratuiti vengono prima dei siti online. Un dato che appare importante dato che siamo quotidianamente immersi nel web.

Sul tema della reputazione si può affermare che la free press abbia una reputazione migliore rispetto a quella della televisione. Mikael Jensen è riuscito a creare una rete capillare in tutto il mondo. Metro viene letto da 17 milioni di lettori ogni giorno ed è pubblicato in 4 continenti, 22 paesi e 100 città.  "I lettori sono la nostra valuta - ha detto Jensen - il giornale che abbiamo lanciato venti anni fa si sviluppa costantemente. Interviste più lunghe, staff più compatto, redazioni simili a quelle dei quotidiani tradizionali".

I media a pagamento stanno declinando". Noi aumentiamo in termini di reddito  - ha proseguito Jensen - e vogliamo migliorare il prodotto per attrarre più lettori. Non considero i giornali a pagamento come concorrenti e pochissime sono le aziende dei mass media che hanno investito denaro nella maniera giusta".

Il futuro rimane è incerto e Jensen immagina che alcuni giornali a pagamento passeranno alla pubblicazione due o tre volte alla settimana. Il gruppo Metro, invece, è in espansione. Il free press è stato lanciato lo scorso anno in Perù, Colombia e Guatemala. Sul sito del free press è possibile consultare le edizioni pubblicate in tutto il mondo. Ora il presidente auspica un ingresso in Cina.

Complessa la situazione italiana dove il 50% della spesa pubblicitaria va negli StatiUniti - Facebook e Google. Il denaro lascia questo paese e va in California. "Il fatto che siano gratuiti non implica la mancanza di qualità, ha precisato Jensen, la free press può essere una palestra di buon giornalismo".

E a chi parla dei rischi dell'avvento o del sopravvento della rete risponde che il prodotto stampato ha delle qualità che non hanno gli altri dispositivi mobili. Il giornale da una visione di insieme e facilita l'attenzione sulle cose salienti. "Quando navigo in rete cerco di mettere a confronto le due esperienze. Se leggo un giornale un altro è il capitano, un altro ha deciso cosa é più importante. Quando navigo sono io il pilota, sono due esperienze diverse".

Irene Macaione