Nell'immaginario collettivo la città di Kobane ci appare lontana e inaccessibile, un luogo teatro di una violenza inaudita che percepiamo troppo distante dalla nostra quotidianità. Eppure in qualche modo Kobane ci appartiene, è qualcosa che ha segnato la vita di ognuno di noi e in modo particolare la vita di Karim Franceschi.
Nella suggestiva cornice della Sala dei Notari Corrado Formigli, giornalista e conduttore del programma televisivo Piazza Pulita su La7, ha intervistato il giovane italiano partito per la Siria per andare a combattere al fianco dei curdi e liberare la città di Kobane dall'assedio dell'Isis.
L'incontro si apre con le immagini girate da Karim nel corso dei tre mesi trascorsi nella città siriana (febbraio-aprile 2015) mostrate per la prima volta: un racconto diretto e intimo che descrive l'atmosfera che si respirava in città in quei giorni, il coraggio dei combattenti curdi e soprattutto le paure di questo giovane ragazzo di Senigallia trovatosi al centro di questa lotta per la sopravvivenza.
Nel dicembre del 2014 Corrado Formigli si reca a Kobane per realizzare un reportage, la sua è la prima troupe di giornalisti ad entrare in città. "Di quei due giorni a Kobane ricordo il coraggio di questi giovanissimi ragazzi curdi siriani - racconta il giornalista - un coraggio e un eroismo tali da portarli ad opporre il proprio corpo contro le milizie jihadiste." A colpire la troupe di Piazza Pulita è la sensazione di trovarsi in una città dai tratti spettrali, una città da mesi sotto il controllo dell'Isis, abbandonata dalla comunità internazionale e difesa solo dai combattenti dello YPG e da Karim.
In un silenzio carico di emozioni contrastanti (curiosità, paura, ammirazione e anche un po di vergogna) la platea ascolta la storia di Karim Franceschi che, visibilmente emozionato, racconta i suoi tre mesi in Siria, le motivazioni della sua partenza e la paura di non tornare a casa.
L'obiettivo di Karim non era di imbracciare un fucile, ma aiutare i combattenti curdi a livello logistico. "Dopo appena 4 giorni di addestramento mi hanno mandato subito al fronte". Fino a quel momento non aveva mai imbracciato un fucile, ma la necessità di nuove leve da inserire nelle fila dei curdi fanno di Karim un buon candidato da spedire al fronte. "La prima notte di guardia avevo una paura tremenda - racconta - il fronte dell'Isis era dall'altra parte della strada, i nemici si nascondevano dietro la finestra del palazzo di fronte e quella sera per la prima volta ho sparato e ucciso un uomo".
La paura di non riuscire a tornare vivo, di non rivedere la propria famiglia, di perdere i propri compagni conosciuti al fronte: tutti pensieri che Karim ha cercato di allontanare durante la sua permanenza a Kobane.
Il racconto del giovane combattente ripercorre le tappe dell'avanzata dell'Isis: dalla presa di Mosul allo sterminio della comunità yazida sulle montagne di Sinjar, e infine l'offensiva nel Rojava e a Kobane attaccata da un'armata di circa 10.000 uomini e difesa fino alla morte da1000 curdi uomini e donne.
Le donne rappresentano nelle testimonianze di chiunque si sia recato in quei luoghi, una forza unica. Le immagini delle combattenti curde, queste bellissime e coraggiose donne, rappresentano la forza di un popolo che combatte in prima fila senza risparmiarsi mai. "Mi ha colpito molto la dignità di queste donne da mesi in prima linea - racconta Formigli - che a differenza degli uomini avevano sui loro volti sempre un sorriso che non lasciava trasparire alcun segno di stanchezza." Karim queste giovani combattenti le ha incontrate durante l'addestramento, molte delle sue addestratrici erano ragazze della sua età. "Ti guardavano sempre con un sorriso che mi ricordava quello delle maestre d'asilo". Il sorriso e la convinzione che quella guerra sarebbe stata vinta. "I combattenti curdi non prendevano neanche in considerazione l'idea che qualcuno di noi potesse morire - conclude Karim - Non poteva essere altrimenti, infondo stavano combattendo per la vita".
Ciò che colpisce di questo giovane ragazzo marchigiano è la serenità con cui racconta la propria storia, la storia di Kobane e dei combattenti curdi, un resoconto preciso tradito solo qualche volta dall'emozione. E nella sua testimonianza Karim usa spesso il plurale, quel "noi" che più di tante parole racconta il suo impegno per la causa curda, e ancora quel "noi" quando parla di ciò che l'Europa può e deve fare per risolvere la crisi siriana.
Un "noi" che esprime quanto in realtà Kobane rappresenti anche un po la nostra città.
Strollo Coricina