Ore 15,30 Sala Raffaello, Hotel Brufani
Hanno partecipato: Vivian Schiller Executive Committee Chair di Vocativ e consulente di vari media internazionali e aziende del settore tecnologico; Greg Barber giornalista e digital strategist del The Washington Post; Jacqui Maher giornalista e coordinatrice del BBC News Labs, esperta di storytelling su varie piattaforme media; Raju Narisetti vicepresidente senior e vicecapo delle strategie di News Corp, si occupa principalmente nei nuovi progetti digitali e di accompagnamento delle compagnie esistenti in News Corp; Dan Gillmor: insegna Imprenditoria dei Media Digitali e Cultura Digitale alla Walter Cronkite School of Journalism and Mass Communication, presso l'Università dell'Arizona. Scrive per il Guardian.
“Se siete venuti per assistere a un dibattito per scoprire chi comanda tra tecnologia e giornalismo rimarrete delusi: non c’è storia, la tecnologia è in testa”. Questa la frase con cui Vivian Schiller ha aperto il panel “Tech Vs Journalism: who’s in control?” e ha precisato: “questo panel riguarda in realtà la tecnologia in supporto del giornalismo”.
Mai come negli ultimi anni, il mondo del giornalismo si è trovato a far fronte a una vera e propria rivoluzione digitale che ha portato a un ripensamento non solo delle strutture (siti, piattaforme, social network) ma anche del modo con cui si pensa a una notizia e come la si condivide coi propri lettori. Che quello con la tecnologia fosse un confronto al quale non si potesse fuggire, era chiaro da tempo, tuttavia, come ha sottolineato Greg Barber “ adesso le redazioni non creano delle nuove tecnologie unicamente per loro stesse, ma lo fanno anche con la prospettiva di poterle estendere agli altri. […] Sono problemi che in ogni caso andrebbero affrontati, tanto vale farlo per tutti.”
Tuttavia, come rilevato da Raju Narisetti: “c’è questa idea diffusa che soltanto una grande azienda della tecnologia come Google, Facebook etc. possa risolvere tutti i problemi del giornalismo. Io penso che sia utile che alcune redazioni abbiano dei finanziatori, ma sono anche convinto che pensare tutte le sfide del giornalismo possano essere vinte con la tecnologia sia un grande errore”.
Quello che invece preoccupa Dan Gillmore non è il rapporto fra giornalismo e tecnologia, diventato ormai binomio inscindibile (“Se si fa giornalismo si fa tecnologia: è inevitabile, non è un’opzione”) quanto piuttosto quella che definisce la “re-centralizzazione di un mezzo – internet- che era nato sulla premessa decentralizzazione”. Una centralizzazione che proviene non soltanto dai governi, ma anche dalle stesse piattaforme sociali che sono nate grazie al mezzo stesso.
Se quello fra Giornalismo e Tecnologia con le lettere maiuscole è un rapporto che è dato ormai quasi per scontato, non si può dire lo stesso di quello tra giornalisti e professionisti del settore tecnologico. Jacqui Maher, che ha iniziato la sua carriera come ingegnere per poi entrare attivamente nel mondo dei media ha spiegato come spesso “i giornalisti tradizionali siano spesso intimiditi dall’entrata dei tecnici nelle redazioni, ma in realtà succede lo stesso anche ai tecnici che si trovano a confortarsi con delle dinamiche e persino con un linguaggio che non comprendono. […] La comunicazione è importate e la collaborazione risulta alla fine estremamente produttiva”.
Una sinergia che Gillmor auspica possa verificarsi a livello del singolo dando vita a delle “personalità ibride” in grado di “comunicare in maniera sempre più produttiva” e Schiller anche a livello “strutturale” attraverso una maggiore osmosi e integrazione tra i due settori.
Fabiana Liguori