Minuti risuonanti di applausi e urli di sostegno accolgono l'arrivo di Roberto Saviano sul palco del Teatro Pavone, alle 21.10 del dodici Aprile. Ma già da ore una fila interminabile di giovani e meno giovani aveva riempito Corso Vannucci con un vociare entusiasta. L'attesa e la speranza di rivedere Saviano al festival internazionale del giornalismo è stata premiata, e di nuovo lo scrittore giornalista ha ammaliato il teatro pieno di entusiasti spettatori e la silenziosa folla di chi non è riuscito ad entrare. Nonostante fosse una serata all'insegna della legalità, non sono mancati spiacevoli episodi di scarsa educazione e rispetto durante l'attesa per entrare a teatro. La fila degli aspiranti spettatori si prolungava in lungo, ma altrettanto si estendeva in largo, ingrossata da gente noncurante delle persone già in attesa che si infilava quasi come formiche in qualsiasi posto vuoto. L'esasperazione è arrivata al momento dell'apertura delle porte, con spintoni e quasi senz'aria, e cori immancabili contro le forze di polizia presenti. Alla fine, dopo urla, spinte e respiri affannosi, finalmente in teatro. Ti opponi? Sarai delegittimato. Come riconoscere e fermare la macchina del fango. Questo l'argomento dell'incontro. Il racconto dei meccanismi che portano alla diffamazione e alla delegittimazione di chi si oppone a qualsivoglia sistema di potere, sia un'organizzazione mafiosa, un gruppo politico o una situazione lavorativa qualsiasi. Il primo fra i molti riferimenti a storie di personaggi importanti è andato a Don Giuseppe Diana, Don Peppe, ammazzato nel 1994 nella sua Chiesa. Sul suo conto furono diffuse storie di tutti i tipi, fino all'ipotesi che fosse stato ammazzato perché “andava con le ragazzine”. Le dinamiche della diffamazione che appaiono evidenti nel caso del sacerdote campano, sono le stesse che costituiscono la macchina del fango. Chi va contro il potere, viene punito in modo indiretto, screditato, isolato dai suoi amici, per i quali la sua parola non vale più nulla. Il tentativo è quello di creare un vero e proprio movimento fisico con il solo scopo di suscitare contrarietà e banalizzazione nei confronti di un determinato oppositore. E Saviano parla di una cinghia di trasmissione, inconsapevole ma letale. Ogni volta che si generalizza, che si sceglie di non approfondire una questione, di non arrivare fino in fondo ad un articolo perché “tanto sono tutti uguali”, si contribuisce ad alimentare la macchina del fango. Il riferimento ai fatti che stanno interessando proprio in questi giorni la Procura di Milano è chiaro, ma Saviano ci tiene a precisare che la macchina del fango strumentalizza il privato, non il reato, che invece deve essere portato alla luce e perseguito, qualunque sia la posizione sociale o politica del responsabile. Per questo, continua dal palco del Pavone, un politico che sbaglia non necessariamente è un politico corrotto, ma se la macchina del fango si mette in moto, quell'errore diventerà un segmento che, estrapolato dal contesto, andrà a rappresentare la distruzione dello sfortunato bersaglio. A questo proposito, Saviano ricorda Herta Müller, autrice di alcuni libri sulle condizioni di vita in Romania durante il regime di Nicolae Ceausescu. Venne licenziata dalla azienda ingegneristica, dove lavorava come traduttrice, ed accusata di mancata collaborazione con la Securitate, i servizi segreti del regime comunista. Successivamente, si disse che la Müller non era altro che una spia. L'unica cosa da fare per sfuggire a questa implacabile macchina è quella di trovare, secondo Saviano, una dannatissima unità che possa squarciare l'attuale coltre infinita di diffidenza. La macchina del fango si muove esattamente secondo i meccanismi delle organizzazioni mafiose. Così, come nei clan della 'ndrangheta i non affiliati sono definiti contrasto, in virtù di quell'opposizione inconsapevole che chiunque non faccia parte del clan provoca verso il clan stesso, allo stesso modo nella macchina del fango il contrasto è l'opposizione al potere, che deve a tutti i costi essere fermata. Sorge spontanea la critica amara all'attuale società italiana, indiretta ma evidente nel momento in cui vengono riportate le parole di Giovanni Falcone. Durante un'intervista televisiva, una ragazza fra il pubblico chiese a Falcone: “Se lei è vivo, chi la difende?” ed il giudice rispose: “Questo è il paese felice in cui per essere credibile devi morire”. Qualche tempo dopo quest'intervista, quando gli amici lo esortarono a difendersi dalle accuse infamanti che gli erano state mosse, Falcone rispose: “La calunnia si spegne da sola”. Purtroppo, a quanto pare, altrettanto non vale per la macchina del fango. E mentre Giacomo Matteotti, durante il suo ultimo discorso in Parlamento disse “ora preparate l'orazione funebre”, Roberto Saviano, dal palco del Teatro Pavone ripete: “Ora infangateci tutti”. I ringraziamenti di Roberto Saviano a tutto il suo pubblico sono stati accolti con entusiasmo all'interno del teatro, dove agli applausi scroscianti sono seguite le urla di gioia, ma ancora di più fuori, con la folla in tumulto, desiderosa di far arrivare il sostegno fin dentro al teatro a testimoniare che una gioventù attiva, attenta e sensibile esiste e che l'attenzione verso questi temi è forte.
Annalisa Palumbo