Sala Raffaello, ore 12.00
I social media creano un mondo illusorio. Gli utenti sono convinti di poter affermare e rendere visibile la propria identità tramite strumenti digitali gratuiti e democratici. In realtà stanno diventando merci: cedendo i propri dati personali permettono a Facebook e Google di rivenderli agli inserzionisti che se ne serviranno per creare pubblicità mirate. E’ la tesi del giornalista anglo-americano Andrew Keen: l’autore la espone nel suo ultimo libro ‘Vertigine digitale’ presentato al festival nel corso di un panel discussion insieme a Fabio Chiusi del blog ilNichilista e Eleonora Bianchini del Fatto Quotidiano.
«Le multinazionali della Silicon Valley promuovono le reti sociali come fonte di beneficio collettivo. È una menzogna per arricchirsi ai danni dei consumatori sprovveduti – affonda lo scrittore -. Non si può accusarli di essere disonesti: si tratta di un’operazione di marketing intelligente e ben riuscita. Sono i cittadini che si devono svegliare e farsi furbi. Devono comprendere che il mito di internet è in realtà un paradosso: gli iscritti non sono proprietari di Facebook e Twitter, nonostante appaiono come mezzi gratuiti utili per autopromuoversi e farsi conoscere: un paradiso del consumatore. L’inganno consiste nel far sentire gli utenti protagonisti di una rete di relazioni, alimentando così il loro narcisismo e il bisogno di visibilità. In realtà è uno scambio iniquo: dietro i social network c’è un’élite di tecnologi che si serve dei nostri dati, ottenuti con il nostro consenso, per rivenderli e far soldi a palate. I social non sono mezzi pubblici, sono utilities private».
L’opera trae ispirazione dal film ‘Vertigo’ di Alfred Hitchcock del 1958, tradotto in Italia come “La donna che visse due volte”. Il tema della pellicola è la disillusione del protagonista, che realizza di essersi innamorato di una donna che in realtà non esiste. Una personalità fittizia, inventata. Lo stesso abbaglio di cui sono vittime gli utenti delle reti sociali. Il libro è anche accostabile a ‘1984’ di George Orwell, commenta la giornalista Eleonora Bianchini. «Siamo tutti sonnambuli, abitiamo un mondo sempre più trasparente che sta erodendo la nostra privacy – precisa l’autore – non facciamo che scrutare ed essere guardati in un incubo di voyeurismo e controllo. È accaduto il contrario di quanto previsto da Orwell. Viviamo in una forma di totalitarismo post-moderno, in cui tutti sono ansiosi di apparire ‘online’, sono narcotizzati dai nuovi media e dalla smania di celebrità. Vogliono esser famosi a tutti i costi anche solo tra la propria cerchia virtuale. Le reti sociali, inoltre, non sono democratiche come sembrano e non generano uguaglianza: non tutti abbiamo lo stesso numero di amici o di follower».
Ma il ‘furto’ della riservatezza non è l’unico risvolto negativo del mondo dei social media. «Le reti di contatti virtuali ci danno l’illusione della socialità, ma in realtà ci rendono sempre più soli. Hanno un potere alienante sull’uomo, “aggiorno, dunque non sono” potrebbe essere il loro slogan – sottolinea Fabio Chiusi, riportando l’opinione dell’autore -. I social sono una minaccia per la felicità. Catturano gli utenti, ma tenendoli incollati all’overflow informativo, li distraggono dalla loro vita. È una prigione di solitudine, come nel Panopticon, il carcere ideale inventato nel 1791 dal filosofo Jeremy Bentham».
Come difendersi dallo sfruttamento dei social? Lo scrittore propone due soluzioni: «Si potrebbe evitare del tutto di usare Facebook, come faccio io. Un’alternativa è la ricerca di diversi modelli di business». Infine Keen passa a commentare l’attualità politica, scagliandosi contro i movimenti nati in rete. «La trasparenza è una delle ideologie più corrosive dell’epoca digitale. Per i social ma anche per tutte le organizzazioni che si stanno facendo strada tramite il web, da Occupy ad Anonymous, da Wikileaks al Movimento 5 stelle. Tutte si fondano sulla leggenda della trasparenza. In realtà in loro si riscontra una totale mancanza di gerarchia e leggi interne. Sono guidati da leader della folla, privi di responsabilità. Il loro scopo è cambiare, spazzare via il passato. Ma con cosa? Hanno mire distruttive, ma non sanno precisamente cosa cambiare e in che modo».
Erika Tomasicchio