Oggi, mercoledì 30 aprile, nella Sala Perugino dell'Hotel Brufani, alle ore 14.30, David Dunkley Gyiman ha presentato l'incontro “Videogiornalismo e nuove narrazioni”.
Erano presenti: Marwan Maalouf, co-fondatore Menapolis.
I linguaggi continuano a modificarsi e il videogiornalismo ne è un'espressione. David Dunkley, vincitore dell'International Videojournalism Award (Berlino) e del Knight Batten Award for Innovation in Journalism (per il sito viemagazine.tv), ha dimostrato che il mondo del giornalismo è fatto di storie da raccontare.
Dunkley Gymah – Università di Westminster: “Parlare di videogiornalismo è una sfida ed è il frutto dei miei sei anni di ricerca durante il dottorato. Sono giornalista dal 1987 e la fase di raccolta dati ha coinvolto esperti di moltissime nazioni. Il mio studio ha analizzato tre tappe fondamentali: il 1994, in cui su Channel One si trasmise la prima London Tv Station 24 ore su 24; il 2005, anno dell'autentica video revolution; infine, il 2014, per capire quali sono le direttive dei videogiornalisti contemporanei. Questo è un momento entusiasmante per le nuove generazioni: basti pensare all'online e al data journalism, per non parlare dei social media. Tutti questi fattori hanno contribuito al cambiamento del sistema tradizionale e non solo: dare forma al 'package' significa ideare uno story form versatile, con qualche secondo di presentazione, domande e stand up. Tuttavia, il 2005 è stato l'anno di svolta per un insieme di coincidenze: sviluppo del citizen journalism, uscita del film 'Crash', una sfida per l'audience nella comprensione di storie complesse e nascita di Youtube. Inoltre, in quello stesso anno, ho contribuito alla 'Press Association videojournalism programme'. Il termine 'news', in realtà, attinge dal mondo del cinema. In origine, infatti, ciò che era documentato era definito 'cinema' e solo dal 1930 Hollywood ne ha mutato il significato. Oggi però i filmakers sono influenzati dal linguaggio filmico. E, se dovessimo rappresentare graficamente il videogiornalismo, potremmo immaginarlo sulla linea di confine fra televisione e documentario. Il potere di questa forma comunicativa, infatti, consiste nel presentare sfaccettature e tematiche”.
Maalouf - Menapolis: “Un modo efficace per raccontare la Syria è stato quello di lavorare con videogiornalisti. L'obiettivo del documentario 'False Alarm” è stato quello di cercare i volti celati dalla guerra. Raccontare il conflitto collegando storie è stato il nostro modo di assumere una prospettiva. Tuttavia, parte del potere comunicativo origina dal fatto che spesso i personaggi sono stati gli stessi videogiornalisti che si sono chiesti: 'Dove ci troviamo rispetto al conflitto?'”
Annalisa D'Ambrosio
@anna_dambro5