Vorrei dirti che non eri solo

Nella speranza che non capiti più, testimoniare per ricordare ed aver giustizia

Si chiamava Stefano Cucchi e aveva 31 anni. La sua morte misteriosa è diventata di dominio pubblico dopo che la famiglia ha deciso di divulgare le foto del cadavere. Qui al festival internazionale del giornalismo, armata di tanta forza e coraggio, Ilaria, sorella della vittima, ha presentato il suo libro “Vorrei dirti che non eri solo”. Il testo racconta l’orrenda vicenda  che ha coinvolto il fratello, ucciso dalle forze dell’ordine in carcere. Il ragazzo da anni faceva uso di stupefacenti, era ritenuto un tossito dipendente, nel vortice demoniaco della droga, “ma ne stava uscendo” racconta la sorella. Quella sera però, come confermano i fatti, quel mostro demoniaco della droga era tornata nelle sue tasche. E’ stato infatti ritrovato dai carabinieri con una ventina di grammi in tasca, e per questo, arrestato.

Questa ragazza, assieme alla sua famiglia ha deciso, attraverso la pubblicazione del libro e alle continue apparizioni in pubblico di raccontare l’accaduto: “Ci batteremo per mio fratello" afferma Ilaria con grande commozione.

Ma le voce di chi chiede verità sono maggiori della sola famiglia Cucchi. Negli ultimi anni infatti, sono noti alle cronache italiane altri casi in cui le forze dell’ordine hanno abusato di potere e, con l’uso della violenza, hanno spezzato delle vite.

Ricordiamo il caso di Federico Aldrovandi, ragazzo ferrarese di 18 anni, ucciso dalle percosse di 4 poliziotti, incapaci di controllarlo ma anche di compiere nel modo più corretto il proprio lavoro.

Altra cronaca simile quella di Giuseppe Uva, presente alla conferenza la sorella, combattiva e certa che riuscirà ad avere la verità. Giuseppe è stato fermato ‘un po’ bevuto’ come ci ha raccontato la sorella ed in commissariato massacrato da coloro che dovevano solo tenerlo in osservazione.

Il terribile racconto del corpo martoriato di Uva ha reso la sala Notari silenziosa, perplessa, impaurita. All’uscita dalla conferenza le domande che giungevano erano davvero tante, fra le quali emergeva la difficoltà di non potersi più fidare di coloro che invece sono la nostra “sicurezza”.

Presente alla conferenza anche Aldo Casciari, una delle Iene, che ha reso partecipe il pubblico di un caso perugino rimasto un po’ nell’oscurità data la vicinanza dell’accaduto con il delitto Meridith.

Anche Aldo Bianzino, morto nel 2007, è una storia anomala, era nelle mani delle istituzioni perché deteneva nella propria abitazione piantagioni di droga e non fece mai ritorno a casa dopo l’arresto.

Se qualcuno ha la mano troppo “dura” deve rimaner fuori dai corpi che hanno il compito di mantenere l’ordine pubblico. Non ci possono essere coperture, ne verrebbe a soffrire e a essere non credibile l’intera l'istituzione. I segni della violenza sui corpi di Stefano, Federico, Aldo e come loro tanti altri, sono ben visibili, non ci si può arrampicare sugli specchi per cercare di nasconderli, di celare una verità tanto brutta che copre il lavoro corretto, però, di tantissimi agenti onesti.

Annadriana Cariani