“L'Ungheria è diventata un esempio inquietante di come una élite politica possa impoverire la democrazia, anche nel cuore dell'Europa”, scriveva nel settembre scorso il direttore del Center for Media, Data and Society Philip N. Howard sul New York Times. La libertà d’informazione è posta sotto seria minaccia dal governo autocratico di Viktor Orban: le leggi sui mass media hanno infatti ridotto la libertà d’azione e d'informazione per le testate locali ponendo informalmente il giornalismo sotto il controllo del partito di maggioranza, la formazione di estrema destra Fidesz.
Il Committee to Protect Journalists ha definito quello giornalistico ungherese un contesto dominato da “paura e autocensura, nel quale il racconto critico e i punti di vista alternativi sono tenuti sotto stretto controllo in vari modi, che includono misure legali ed economiche che soffocano e minacciano il lavoro indipendente”.
In uno scenario nel quale il potere esercita un'influenza talmente forte sui media “sia come regolatore che come principale inserzionista”, gli ungheresi di Direkt36 - come spiegano su Medium - hanno deciso di scegliere un modello di business alternativo per garantirsi sostenibilità e indipendenza: il crowdfunding.
Fondata dai giornalisti Andras Petho, Balazs Weyer e Gergo Saling (che sarà ospite del Festival Internazionale del Giornalismo giovedì 16 aprile, alle 14 presso il palazzo Sorbello, per parlare di "Nuovi modelli di giornalismo investigativo in Ungheria"), Direkt36 è una testata indipendente finanziata dal basso attraverso una campagna che ha raggiunto e superato il budget richiesto di 20mila euro, arrivando fino a 24mila. Un supporto fondamentale per continuare a fare giornalismo investigativo, garantirsi una certa libertà da vincoli editoriali e commerciali, e informare in un panorama mediatico inquinato dalla propaganda e dall’atteggiamento ostile del governo nei confronti di media e ONG.
Quella del crowdfunding, d'altro canto, continua a essere una storia di successo per molti nuovi progetti giornalistici, incarnando - come visto - il bisogno di trovare fonti d'informazione alternative, o di rappresentare l'offerta mancante per la domanda di un pubblico di nicchia, o come risultato di uno scambio virtuoso fra i giornalisti e la loro comunità di riferimento.
C’è il caso, per esempio, di piattaforme come Contributoria e di Beacon Reader, che permette a chiunque di proporre il proprio pezzo per poi vederselo finanziare tramite crowdfunding, e che adesso ha cominciato a collaborare direttamente con publisher come Newsweek e Huffington Post. O quello di De Correspondent, presentato al Festival Internazionale del Giornalismo del 2014: una testata online olandese nata e cresciuta grazie al supporto della sua comunità di lettori “membri”, poi allargatasi fino a raggiungere la cifra di 1,7 milioni di dollari in un anno grazie alla quale finanziano il loro giornalismo profondo, d’inchiesta, innovativo. E c’è il caso, ancora, di Eliot Higgins - meglio noto come Brown Moses, altro speaker della passata edizione - che è riuscito a raccogliere più di 50mila sterline su Kickstarter contro le 47mila richieste per finanziare Bellingcat, il suo sito basato su fact checking in contesti di guerra e condivisione di fonti e tool digitali.
Sulla scorta del caso di De Correspondent anche Krautreporter, piattaforma giornalistica tedesca ad free supportata da una campagna che ha raggiunto i 17mila "supporter" nel solo primo mese di lancio. Diversamente dal modello olandese, a crowdfunding concluso i creatori del progetto hanno deciso di orientarsi sul modello delle sottoscrizioni mensili (5 euro al mese), mantenendo l'acceso totalmente libero ai contenuti prodotti ma garantendo agli abbonati dei vantaggi extra, come ebook, commenti degli autori, e la possibilità di prendere parte ad alcuni eventi nei quali la loro "micro-community" si incontra. Un modello di sostenibilità fondato su una relazione virtuosa da "monetizzare" e sul lavoro dell'Head of Audience Engagement della testata Frederik Fischer, che sarà ospite del Festival venerdì 17 alle 16,30 (Hotel Brufani, Sala Perugino) per parlare di "Crowdfunding journalism - lessons from Germany’s biggest crowdfunding project".
I casi di successo, come visto, non mancano. Da qualche tempo la sezione video del sito internet del New York Times sta pubblicando dei documentari sotto la categoria “Made with Kickstarter”, in virtù di un accordo tra la testata americana e la piattaforma di raccolta fondi. Si tratta di progetti finanziati dal basso, per un esperimento che sottolinea come - una volta di più - quella del crowdfunding possa essere una delle vie d’uscita per la sostenibilità economica di iniziative giornalistiche - o perlomeno del loro lancio.
Ma può essere, il crowdfunding, un modello di business credibile, alternativo, definitivamente affidabile? A questa e altre domande cercherà di rispondere Ernst-Jan Pfauth, editore di De Correspondent, in una panel discussion dal titolo "Nuovi modelli di business per il giornalismo" che ospiterà anche George Brock della City University, il media critic Mathew Ingram, il fondatore di Blendle Alexander Klöpping e il senior vice president di News Corp Raju Narisetti (venerdì 17 aprile alle 9.30, presso la Sala Raffaello dell'Hotel Brufani).
Kickstarter non è nuova a progetti del genere. È da tempo la più affermata piattaforma di crowdfunding per progetti creativi, compresi quelli che arrivano a invadere la sfera del giornalismo: secondo la società, più di 900 tra periodici e progetti giornalistici sono riusciti a raggiungere e sorpassare la cifra richiesta in fase di lancio, e circa 5 milioni di dollari sarebbero stati i fondi raccolti in totale.
Ma come funziona una campagna? E quali possono essere le strategie migliori da adottare per renderla vincente e lanciare il proprio progetto 'finanziato dal basso'? Nicole He, manager di Kickstarter che si occupa della cura e del lancio dei progetti giornalistici, guiderà la sessione “Kickstarter per il giornalismo” - sabato 18, alle 9.30, al Palazzo Sorbello.
Sempre di crowdfunding si parlerà domenica 19 nella Sala Raffaello dell’Hotel Brufani per dare uno sguardo anche sul contesto italiano prendendo spunto dalle esperienze più riuscite, con Giovanni Boccia Artieri dell'Università di Urbino, Laura Lesevre e Andrea Pontini di occhidellaguerra.it, Colin Porlezza dell'Università di Zurigo e Sergio Splendore dell'Università di Milano.